Il ritorno di Mr. Robert Allen Zimmerman, in arte
semplicemente Bob Dylan, è l’ennesima
sterzata di una carriera che pare infinita (c’è da augurarselo per il bene
dell’umanità). Avevamo lasciato il grande poeta del rock contemporaneo
all’ultima tappa della serie, mistica, personale e bluezsy, ovvero lo
splendido Out of time. Quattro anni dopo Dylan torna in pista con un
album di sapore country blues con occasionali momenti di swing,
ovvero questo Love and theft, dichiaratamente retrò a
partire dal titolo. Accertato che cambiare per il puro ghiribizzo di cambiare è
un’operazione perfettamente inutile e fine a se stessa - almeno se non sorretta
da un progetto musicale di senso compiuto -, è da rilevare che, stando alle
dodici tracce dell’ultimo frutto della quarantennale carriera del vate musicale
per eccellenza del secolo scorso, l’impressione è che abbia fatto centro anche
stavolta. Le sonorità scelte per l’occasione ci riportano indietro, ed in modo
rigoroso, all’America
del bel tempo andato, soavemente sospesa tra gli anni
Quaranta ed i Cinquanta. In siffatto sound si può entrare solo
gradualmente, e poi soltanto perdervisi dentro, perché la prima sensazione
offerta dall’album nel suo complesso è che si tratti di un’opera, per dirla con
Dylan stesso, out of
time, dichiaratamente slegata da ogni moda corrente, priva di apporti
elettronici e lontana dalle tendenze del presente musicale. A pensarci bene Bob Dylan con le dodici
canzoni di Love and theft non si è inventato niente, e
probabilmente non ha operato nessuna svolta, semplicemente ha scelto
determinati registri inesplorati in carriera, approfondendo la sua ricerca
personale su territori sonori mai frequentati prima: sembra poco o nulla, ma
che un signore del 1941 senta ancora il bisogno di non riciclare se stesso ad
libitum ma proporre sempre qualcosa di nuovo è la conferma che nello showbiz
esistono ancora (pochi) artisti veri. L’apripista è Tweedle dee and tweedle
dum, una via di mezzo tra rockabilly e country cui segue a
ruota Mississippi, un’insostenibile e malinconica ballata dylaniana, la
prima vera gemma dell’album,
incorniciata da un altro succoso rockabilly, Summer days. La
successiva canzone, Bye and bye, è un delizioso swing d’atmosfera
che ci porta ad un dipresso a Lonesome day blues, blues
ritmatissimo a sua volta incorniciato da un altro swing jazzato, ovvero Floater,
un brano sviluppato su tramature chitarristiche alla Django Reinhardt. La
seconda metà dell’album presenta
subito il secondo gioiello, la splendida cavalcata country di High
water, pezzo dedicato a Charley Patton. Poi si continua con un romantico swing
minimalista come Moonlight, subito spezzato dal blues veloce di Honest
with me e dal country vagamente introspettivo di Po’ boy. Nel
finale arriva anche un classico blues dal sincopato ritornello, Cry a
while, brano di livello assoluto (che costituisce un ideale dittico interno
con Lonesome day blues) e quindi la conclusiva ballata Sugar baby.
Sentimento, malinconia, sprazzi di lirismo, emozioni: Bob Dylan continua
a regalare magie musicali senza mai sprecare un colpo.Bob
Dylan, Love and theft [2001 Columbia]
Voto
8
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