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Senza sangue
Con
Senza sangue Alessandro
Baricco, classe 1958, si conferma un narratore puro, schivo verso
interviste ed apparizioni televisive promozionali, poco preoccupato di sfornare
un titolo all’anno ma disposto ad attendere anche parecchio tempo – il suo
ultimo romanzo City
era uscito nel 1999 – prima di pubblicare una buona storia. E senza dubbio Senza
sangue, racconto lungo o romanzo breve che dir si voglia, è una buona
storia: minimale, incisiva, atemporale, di grande presa. Il plot si
presenta articolato in due parti distinte, separate da uno iato di oltre mezzo
secolo che non intacca minimamente la fruibilità della storia nel suo
complesso, peraltro aperta in uno scenario in odore di dejà vu ma dai
contorni vaghi ed indistinti: Senza
sangue prende infatti avvio nell’imprecisata campagna di un paese di
lingua spagnola – potrebbe trattarsi della guerra civile in Spagna come di una
rivoluzione sudamericana del secolo scorso –, nella vecchia fattoria in cui
abita Manuel Roca insieme ai due figli, un bambino ed una bambina più piccola
del fratello. L’incipit è marcato da un breve quanto insostenibile senso
di attesa: si sa che arriverà qualcuno con l’intento di spargere sangue, ed
infatti dalla scalcinata Mercedes che parcheggia nei dintorni scendono quattro
individui armati (e non di buone intenzioni). Dal successivo scontro a fuoco
non scamperà né Roca, vittima designata per presunti crimini del precedente
regime, né suo figlio, vittima casuale ed innocente di una giustizia barbara e
sommaria. Riuscirà invece a salvarsi la piccola Nina, nascosta in precedenza da
Roca in una botola e risparmiata dal più giovane degli aggressori, Tito, che
l’ha trovata ma ha deciso di tacere con i propri compagni la presenza di
un’altra possibile testimone. Nella seconda parte lo scrittore torinese
allestisce l’incontro tra i due reduci della drammatica strage andata in scena
oltre cinquant’anni prima: Nina, ormai divenuta un’anziana signora (ma ancora
avvenente) incontra casualmente un vecchio venditore di biglietti della
lotteria in un chiosco cittadino e riconosce in quel volto marcato dalle rughe
colui che la risparmiò nel giorno più buio della sua infanzia perduta. A questo
punto Senza sangue
procede lungo il binario di un inevitabile confronto tra i due
protagonisti: in un bar, intorno ad un tavolo, tornano a galla le rispettive
versioni di quel feroce eccidio che entrambi hanno cercato di seppellire nei
meandri della memoria. Il confronto si distenderà in un finale sorprendente ma
non troppo, il più naturale per i due protagonisti, facce opposte della stessa
medaglia, entrambi vittime dell’odio sotterraneo che ogni guerra non manca mai
di produrre. Una gran bella storia, animata dallo stile incisivo ma
affabulatorio di Baricco,
perfetto esempio di scrittore-macchiaiolo capace di tratteggiare con poche
macchie di colore una scena, uno stato d’animo, un modo di essere, servendosi
di dialoghi serrati, periodi brevi, numerose sospensioni, immagini ricche di
spunti visivi, uno stile che rende Senza sangue una sceneggiatura ideale
per un film.
Alessandro Baricco, Senza sangue, Milano, Rizzoli, 2002; pp. 104
Voto
8
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