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Senza sangue
Di
Alessandro Baricco si sa ormai
quasi tutto per la notorietà che gli è derivata dalle collaborazioni con la
Rai e da estemporanee partecipazioni a vari talk
shows televisivi, talvolta nella veste di conduttore, di marca culturale,
ovviamente: nato a Torino nel 1958, Baricco può già contare un ruolino
letterario di tre romanzi – Castelli di
rabbia (1991), Oceano mare
(1993) e Seta (1996) -, due testi
teatrali – Davila Roa e Novecento (1994) – e due saggi – Il genio in fuga e L’anima di Hegel e le mucche del Wisconsin -, oltre a innumerevoli
collaborazioni con i più importanti quotidiani e riviste nazionali. Uno
scrittore completo che, oltre a esser capace di inventare ottime storie, è
anche un profondo conoscitore (e critico) della scena letteraria internazionale
e che, particolare non secondario, sa anche raccontare come pochi le storie
degli altri autori, con quelle pause strategiche e quei commenti ‘universali’
che contraddistinguono come un marchio di fabbrica il suo stile di scrittura.
Parlando di City, edito da Rizzoli, molti (lui per primo)
hanno osservato che, dopo il precedente Seta, forse sarebbe stato meglio pensare a un titolo un po’ diverso
– anche perché per esclusione ora non gli resta che scrivere Sete -. Continuando nelle variazioni
sul tema, Baricco ha ben pensato di evitare un’eccessiva esposizione sui media, preferendo un lancio del libro a
livello virtuale, con un apposito sito dove
si possono leggere i retroscena di City
in italiano o in inglese, e dove lo spazio per la fantasia semmai si
moltiplica: vi si può ascoltare, ad esempio, perfino la musica del romanzo, amplificando
il già considerevole piacere testuale. Rispetto al precedente Seta, Baricco offre al suo pubblico
un’opera di maggior respiro, con numerosi personaggi, storie ad incastro
‘variato’ e ambientate, per gran parte, non nel passato ma ai giorni nostri. I personaggi di City hanno nomi che starebbero bene nel cast di un film
americano: c’è un ragazzino, genio precoce, che si chiama Gould; poi c’è una
strana ragazza che si chiama Shatzy Shell – e non è parente dei produttori di
benzina – e che continua a prendere appunti in un registratore tascabile per il
sogno della sua vita – un western
virtualmente infinito, che fa da racconto nel racconto –; c’è un gigante buono
che parla e sta sempre assieme a un ragazzo muto col cranio rasato (che nonparla ma ‘dice’ quel che pensa). City più
che raccontare una città, è un romanzo
a forma di città – Calvino docet –:
col suo tono affabulatorio e trasognato Baricco ci ha disegnato dentro un paio
di quartieri, con le storie dei suoi personaggi che, come tante strade, a volte
s’incontrano, a volte scorrono parallele.
Alessandro Baricco, City, Milano, Rizzoli, 1999; pp. 323
Voto
7½
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