Presentazione Biennale Cinema 2013
Perle dalla 70° Mostra – prima parte
Perle dalla 70° Mostra – seconda parte
Sacro GRA
Il leone d’oro più indipendente
Quest’anno scegliamo la forma delle micro recensioni, per
dare l’idea della passione folgorante o della delusione istantanea che si
percepisce appena usciti dalla visione della sala, per farvi comprendere il
clima esultante e festivaliero che si vive al lido, tra dibattiti furenti e
confronti amichevoli, nella babele vocianti composta da incalliti appassionati di cinema.
Gravity di Alfonso Cuarón.
Film d'apertura. Fuori Concorso. Due astronauti si perdono nello spazio e la
loro avventura diventa una riflessione sui limiti umani, posti in un profondo
spazio nero. La Bullock in parte e mattatrice della pellicola, mentre Clooney è
come sempre in parte. Un film di fantascienza ben servito dal
3D. (fcp)
Tracks di John Curran.
Concorso. Una giovane donna vuole andare, con cammelli e cane, da Alice
Springs, al centro dell'Australia, fino alla costa sull'Oceano
Indiano. Un classico film d’avventura pieno di bei paesaggi e servito da una
fotografia smagliante, ma cosa ci fa in concorso? Mia Wasikowska sempre più star e calata perfettamente nella
parte. (fcp)
Via
Castellana Bandiera di Emma Dante. Concorso. Una strada
molto stretta, nella periferia di Palermo. Due macchine, una va su,
l'altra va giù, non ci passano. Nessuno vuole
spostarsi. Tutto si ferma. Metafora di una Italia
immobile dove oramai il confronto si stempera in una clima da far west, dove
neanche le parole scalfiscono le coscienze. Buon debutto della regista teatrale
Emma Dante. (mm)
Wolfskinder di Rick Ostermann,
Orizzonti. Seconda guerra mondiale. Germania del Nordest. Bambini e bambine, ragazzi e ragazze, soli, in fuga dalla guerra. Si trovano a
sopravvivere nelle foreste e rubare il cibo in fattorie isolate, in mezzo ai soldati russi e tedeschi. La crudeltà è la legge che regola le loro vite e il
regista asseconda con mano ferma e impassibile queste vite, senza calcare la mano sugli aspetti più crudi. Bel esordio. (mm)
Jigoku de naze warui (Why don't You Play in
Hell?) di Sion Sono. Orizzonti. Due gangster si fronteggiano, uno ama la figlia
dell’altro, che vorrebbe fare l’attrice. Un ragazzo viene scambiato per un regista e il film sfila davanti ai nostri occhi un turbinio di
sangue e meta cinema. Un’opera delirante e divertante a firma
di uno dei registi più inclassificabili del Giappone. (mm)
Die Frau des Polizisten
di Philip Gröning. Concorso. Un piccolo mondo familiare, composto da marito, moglie e bambina di
quattro anni, vivisezionato per capitoli, che diventa un allucinante ed
inesorabile viaggio nella deflagrazione di questo nucleo. L’occhio di Groning è impassibile, scevro di
estetismi che concede poco allo spettacolo, ma la sua messa in scena è
tagliente come una lama e lascia senza respiro. (mm)
Joe
di David Gordon Green. Concorso. In Texas, Joe è stato in galera, vuole lasciar perdere il passato, lavora in una segheria, e gira
per i boschi con la sua squadra di bianchi e di neri. Gary ha quindici anni e
vuole lavorare con lui. Film smaccatamente indie, costruito abilmente sulle spalle di un Cage in forma e anche se non è niente di
nuovo, le dinamiche della storia funzionano egregiamente e Gordon Green sembra
essere tornato in forma. (fcp)
The Canyons di Paul Schrader. Fuori Concorso. Scritto da Bret Easton Ellis.
Siamo a Los Angeles e Christian, ha potere e soldi e intorno a lui ci sono la
sua fidanzata, Tara è una ex-modella, poi c’è Ryan
aspirante attore. Le loro vite sono regolate da un mondo spinto all’eccesso e
dove tutto si complica irrimediabilmente. Un film poco convincente a causa di
una sceneggiatura non particolarmente penetrante, che delude le aspettative. (fcp)
Wolf
Creek 2 di Greg McLean. Fuori Concorso. Arriva il secondo capitolo del killer solitario che opere nelle terre
desolate dell’Australia centrale. Nella ragnatela cadono ignari turisti e
giovani turiste. Un horror divertente e senza fronzoli
che regge fino alla fine. (mm)
Night
Moves di Kelly Reichardt. Concorso. Sulle montagne dell’Oregon, tre ecoterroristi vogliono far saltare
una grande diga, perché vogliono cambiare il mondo. Il trio è composto da Harmon un ex marine,
Dena, scappata dalla sua famiglia borghese e Josh, convinto difensore dei diritti della terra. In un
clima rarefatto, i dubbi e le reticenze di queste persone non si confrontano
con le conseguenze devastanti delle loro azioni, a dimostrazione di come lo
scollamento tra ragione ed esigenze emotivo è divenuta
una frattura insanabile non nostro presente caotico. Bel ritorno della Reichardt. (mm)
Philomena di Stephen Frears.
Concorso. Irlanda, 1952. Philomena, incinta, viene chiusa in convento. Tiene il bambino per tre anni, poi glielo portano via. Lei lo
cerca per cinquant'anni. Frears è abile costruttore di storie e con una Judi Dench mirabile e un Steve Coogan convincente, rende
commovente questo dramma classico, ben orchestrato e sceneggiato. (fcp)
Child
of God di James Franco. Concorso. Tratto da Cormac McCarthy. Lester Ballard
vive ai margini della civiltà ed è allontanato da lui. Franco è sempre su Scott
Haze, il protagonista, e l’incidere della sua violenza e rabbia, diventa l’emblema espressivo di un film che è una messa in
scena forzata e senza compromessi, che ci fa capire come dentro di noi può
albergare una bestia furente e senza controllo. (mm)
Parkland di Peter Landesman.
Concorso. Dallas, 22 novembre 1963. Lee Oswald spara al presidente John F.
Kennedy che muore al Parkland Memorial Hospital. Due giorni dopo, Oswald viene ucciso nello
stesso ospedale. La storia vista da quelli che c'erano, i medici,
un'infermiera, il fratello di Oswald, sua madre, Abraham Zapruder
che filma in 26 secondi l'attentato. Uno stuolo di
attori, tanti personaggi, troppe trame intersecate e poco tempo per raccontare
una storia che avrebbe avuto maggior risalto in un serial televisivo, con tempi
e modi espressivi maggiormente efficaci. Delusione. (fcp)
Kaze Tachinu di Hayao Miyazaki.
Concorso. Vita e opere di Jiro Horikoshi, ingegnere
aeronautico, progettista di alcuni degli aerei da combattimento giapponesi
della seconda guerra mondiale. Anche quelli che attaccarono Pearl
Harbor. Estremo atto d’amore per il libero ingegno che si collega all’armonia
della natura e dell’ambiente e che come sempre fa il maestro Miyazaki, danza con le nostre emozioni più profonde.
Probabilmente sarà l’ultima pellicola del maestro giapponese, come lui ha
annunciato, ma anche nelle piccole imperfezioni vediamo il tocco magistrale di
un autore impareggiabile. (mm)
Miss
Violence di Alexandros Avranas. Concorso. Nel giorno del suo undicesimo
compleanno tutti sono a tavola per festeggiare Angeliki
che decide diversamente. Va alla finestra e si butta giù con il sorriso sul
volto. Il nuovo cinema greco disseziona in maniera corrosiva la borghesia del
proprio paese, con uno stile algido e programmatico. Avranas
non dice niente di nuovo e a parte l’insita cattiveria di maniera, rimane ben
poco. (fcp)
Palo
Alto di Gia Coppola. Orizzonti. L'esordiente Gia (Giancarla) Coppola, nipote di F. F. Coppola, si ispira al racconto April di
James Franco. Ritratto non troppo originale di adolescenti frustrati e confusi,
che hanno paura di crescere. Problema principale: regia fiacca e visione sciatta dei giovani americani d’oggi, senza un piglio
narrativo convincente. (fcp)
Tom
à la ferme di Xavier Dolan. Concorso. Tom, giovane pubblicitario, va in
campagna per il funerale del suo compagno morto in un incidente. Nessuno sa chi sia Tom e quale fosse la sua relazione con il
defunto. E Tom scopre pian piano delle cose sul suo compagno che non conosceva.
Melodramma barocco ben orchestrato da Dolan, che trova una maturazione espressiva e citazionistica
capace di ammagliare lo spettatore, con una forza espressiva inaspettata. (mm)
The
Zero Theorem di Terry Gilliam. Concorso. Nel futuro prossimo, le corporazioni dominano la terra. Management è
il nome del grande capo. Qohen Leth è un oscuro hacker che vuole scoprire il senso dell'esistenza. Rielaborazione in chiave social network del pensiero di Brazil. Le moltitudini d’immagini, diventa il puzzle di un
mondo spezzato e privo di emozioni. Oramai il pensiero estetico di Gilliam è superato e stenta a trovare nuove vie espressive
e tutto sembra invecchiato, come questa pellicola che non aggiunge niente di nuovo alla sua filmografia. (mm)
Voto
8