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2° reportage da Venezia
Il ritorno dei maestri del cinema
Special di Scanner su la 63° edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica
Al Lido di Venezia dal 30 agosto al 9 settembre 2006

 




                     di Matteo Merli


4° reportage da Venezia, 2006: bilancio
3° reportage da Venezia, 2006
2° reportage da Venezia, 2006
1° reportage da Venezia, 2006


Il festival del cinema di Venezia 2006 è entrato nel vivo, proponendo nella sua cornice di grande contenitore d'immagini il nuovo film del maestro del cinema francese, Alain Resnais con Coeurs che con la sua solita perizia formale ci porta a conoscenza della solitudine di alcuni personaggi nella Parigi cosmopolita, con una struttura compatta e ottimi interpreti, ma priva di quell'assunto primigenio posto a contrapporsi ad una visione manichea di temi già visti. Sempre nel concorso internazionale, The Queen di Stephen Frears si rivela una sorpresa, con la sua capacità di entrare in questo confronto tra la regina e Tony Blair, nell'affrontare la morte di Diana, diventando lo sviluppo di un microcosmo composto da rinunce e secolari tradizioni, dimostrando un calore emotivo ben supportato dagli interpreti. Il cinema americano si presenta in gara sotto le vesti del cinema di genere, con da una parte The Fountain di Darren Aronofsky, bolsa pellicola imbevuta di stereotipi e occlusa da un vero sguardo di cinema innovatore che irrita non poco, dall'altra Children of men di Alfonso Cuaron, buon film di respiro fantascientifico, abile nel tratteggiare una linearità di spunto con sapienti scelte stilistiche sia di ambientazione che di linguaggio cinematografico. Bobby invece vede il ritorno alla regia dell'attore Emilio Estevez, nel raccontare gli avvenimenti di alcuni personaggi dentro l'hotel Ambassador in California prima dell'arrivo del candidato alle presidenziali di Robert Kenendy negli anni caldi del 68, a poche ore del suo omicidio. Film corale, composto da innumerevoli star del cinema, da Demi Moore a Sharon Stone, che si apprezza per la buona composizione scenica senza irrigidirsi in forme accademiche in una funzione di un impegno sia politico che personale ben calibrato. Nel fuori concorso si è visto il primo film da regista del figlio di Miyazaki, Goro con Gedo Senki, purtroppo irrigidito da uno sviluppo della storia troppo piatta e non supportata da un immaginario visivo, come invece riesce al padre. Altra sorpresa è Sakebi del regista giapponese Kiyoshi Kurosawa, nel descrive la storia di un poliziotto alle prese con strani omicidi collegati alla presenza di un fantasma, in un vortice di senso atto a rivelare il triste presagio di vite chiuse nelle loro ossessioni, incapaci di relazionarsi con l'esterno, emozionando attraverso le coordinate del suo cinema, che trovano una nuova e stimolante trasformazione. Ritornando al concorso, abbiamo constatato il poco valore registico di Barbara Albert nel film Falling, nel racconto di alcune amiche riunitesi per un funerale, tra rassegnazioni e rimpianti, senza alcun spunto di qualsiasi valore. Paprika di Kon Satoshi, ci avvolge con un animazione roboante nel portarci dentro la dimensione dei sogni: involucro percettivo dove si convogliano le nostre emozioni recondite, sistematico di un sentire non solo adulto. Lezione di cinema, che suggella l’importanza oramai nota del cinema giapponese in questa mostra e non solo. Come film di apertura della settimana della critica, le Pressentiment di Jean Pierre Darroussin alla sua prima prova di regista collaterale a quella di noto attore, non sprigiona emozioni, causa una messa in scena troppo elementare nella sua scansione narrativa che vede la scelta di un uomo facoltoso di abbandonare i privilegi per ritrovare una nuova dimensioni nei sobborghi, senza annotazioni originali. Nelle giornate degli autori, segnaliamo Sept ans di Jean Pascal Hattu, con una storia a tre stringente nella urgenza dei personaggi nel cercare i sentimenti con forza e rabbia, uscendone con un buon film. Per concludere, Tsai Ming Liang con Hei yanquan ci riconduce al suo cinema composto da spazi solitari e corpi in cerca d affetto nella sua diramazione adimensionale e questa volta aprendosi ad un finale espanso ed aperto alla speranza, che non segna una svolta nel cinema del regista, ma lo riporta dentro i segni del suo migliore cinema. Ci stiamo dirigendo a tutta forza verso la conclusione del festival, ma devono apparire ancora all appello i film italiani e la giornata evento del Leone d oro alla carriera a David Lynch e a tante altre scoperte.

Voto 8 

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