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  19/05/2024 - 02:04

 

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Scanner - cinema
 


1° reportage da Venezia 06
Un festival sulla vetta del mondo
Special di Scanner su la 63° edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica
Al Lido di Venezia dal 30 agosto al 9 settembre 2006

 




                     di Matteo Merli


4° reportage da Venezia, 2006: bilancio
3° reportage da Venezia, 2006
2° reportage da Venezia, 2006
1° reportage da Venezia, 2006


Anche la 63° edizione del festival del cinema di Venezia, come ogni hanno si presenta con i soliti problemi logistici e strutturali, ma con una rinnovato vigore, grazie alla sapiente direzione di Marco Muller che ha dato vita ad un cartellone di tutto rispetto, ponendo Venezia sotto i riflettori di tutto il mondo.
Nel concorso internazionale si sono potuto vedere due film americani molto attesi.

The Black Dahlia di Brian De Palma ci riporta all'immaginario noir degli anni cinquanta, ma questa volta la sua carica visiva si formalizza in un tessuto narrativo che tende a spegnere il fuoco delle pagine del romanzo di James Ellroy, deludendo le aspettative. Hollywoodland di Allen Coulter si realizza nella cornice splendida di ambienti di genere, ma non va oltre una superficiale narrazione, priva di spunti stilistici da autore.
A seguire, sorprende Syndromes and a Century del regista tailandese Apichatpong Weerasethakul, costruito intorno ai ricordi della storia d'amore dei suoi genitori, suddiviso in due episodi, manifestando l'impasse di un esistere frainteso e scisso in specchi visivi avvolgenti, che lasciano il sentire vago dei sentimenti in un limbo indefinito. Apice del concorso fin d'ora.

Il ritorno di Paul Verhoeven in Olanda, coincide con Zwartboek, storia vera di spionaggio nella seconda guerra mondiale, abile nell'inserire il suo sguardo di sesso e potere, lungo le direttrici di genere, dove non c'è tempo per pensare, ma solo per agire nella transitorietà degli eventi. Daratt del regista africano Mahamat Saleh Haroun, ci porta tra le ferite sociali del Ciad nell'elementare racconto di una vendetta che si tramuta in un viatico del perdono e della comprensione, con un linguaggio filmico basico ed elementare, sorretto dall'urgenza morale della fabula.
Nel Fuori Concorso, deludente il film coreano The City of violence di Seung-wan Ryoo, semplicemente inglobato in una esposizione ipercinetica di un cinema fine a se stesso e vuoto nel contenuto. World Trade Center di Oliver Stone, basato sui fatti realmente accaduti di due poliziotti intrappolati sotto le macerie delle due torri, diventa il passaggio ovvio di una emozione vissuta collettivamente, ma che sprigiona il sentire retorico di un messaggio puramente avulso dal contesto storico, che avrebbe trovato una sua funzione maggiormente esplicita nella forza di una diversa espressione cinematografica.

Altro gradito ritorno è quello di Spike Lee con il documentario When the leeves broke. A requiem in four acts, svolta a raccontare in quattro atti compressi in 255' minuti della catastrofe accaduta l'agosto 2005 a New Orleans con l'avvento dell'uragano Katrina. Sguardo acuminato, ma coinvolgente nelle sue declinazioni naturali del formato, atto a svelare ingiustizie ed a porre alla luce dei riflettori realtà a noi sconosciute, con vibrante passione e spirito civile. I giorni del festival si susseguono uno dopo l'altro, tra film e feste di rito, ma le sorprese sono sempre dietro l'angolo e i titoli appetitosi non mancano.

Voto 7 

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