Super Size Me
Che fine ha fatto Osama Bin Laden?
Ci
sarà un motivo per spiegare perché il popolo americano sta diventando sempre
più grasso? Due ragazze nel 2002 hanno citato McDonald's accusando la notissima
catena di fast food quale principale responsabile della loro obesità: il
giudice ha stabilito che le due giovani querelanti avrebbero dovuto dimostrare
in qualche modo i (presunti) nefasti effetti sull'organismo umano di
un'alimentazione integralmente di marca McDonald's. A Morgan Spurlock, giovane
documentarista americano del West Virginia, classe 1971, è venuto in mente
l’idea di provarci: dopo essersi messo nelle mani di un gruppo medico di
supporto – un cardiologo, una gastroenterologa, un medico generico, una
dietologa e un fisiologo dell’esercizio –, si è sottoposto ad un check-up approfondito prima di iniziare
il suo tour de force nei fast food della grande M, come li
chiamano gli americani. Appurato di godere di una salute di ferro e di avere un
fisico da atleta, Spurlock dipana a nostro uso e consumo le quattro semplici
regole a cui si atterrà nel corso del suo pazzesco esperimento: ad esplicita domanda, solo Super Size Menu; solo cibi McDonald’s,
acqua inclusa; assaggiare tutto quello che c’è sul menu, almeno una volta; tre
pasti al giorno, niente scuse: colazione, pranzo e cena. Trenta giorni di Big
Mac e patatine fritte produrranno danni immaginabili all’organismo
dell’autolesionista regista statunitense, oltre le aspettative del suo team medico di supporto, però, che alla
fine dell’autopunitiva esperienza consiglierà moderazione per il futuro. Super size me è un
documentario che non trae la propria forza dall’accuratezza dell’inchiesta di
base, ma dall’incisività delle immagini, dal ritmo spesso dirompente del
montaggio, talvolta supportato da una colonna sonora di marca pop: uno stile insomma che si ispira
chiaramente all’illustre esempio di Michael Moore e che,
esattamente come accade nei film del corpulento cineasta di Flint, è disposto a
tutto (faziosità compresa) per raggiungere il proprio risultato, ma ha anche
l’indiscusso merito di riuscire a divertire per lunghi tratti del percorso
filmico. Non è scientifico il taglio del sondaggio telefonico con cento
nutrizionisti, per esempio, dimostra poco il fatto che Spurlock tenti invano
per decine di volte di parlare con i responsabili McDonals’s, risulta piuttosto
scorretto il parallelo tra la classica famiglia americana che ignora l’inno
nazionale ma ricorda il jingle di
McDonald’s, come la trovata (comunque geniale) dei bambini dell’asilo che
scambiano Gesù con George Bush Jr. ma identificano subito il clown eletto a
simbolo pubblicitario della McDonald’s: il tutto, abilmente cucinato in sala di
montaggio, finisce per costituire un soggettivo atto d’accusa nei confronti non
solo della più nota catena di fast food
a livello internazionale, ma generalmente di tutta l’industria alimentare
americana, rea di intrufolarsi nelle mense scolastiche e di puntare su fasce di
utenza sempre più verdi. Ma nel libero mercato l’esigenza di regolamentazione
non va imputata a chi governa? La questione è certamente troppo complessa per
un solo film: quel che è certo è che con il suo polemico (e volutamente
fazioso) documentario
Spurlock ha conquistato il pubblico, aggiudicandosi peraltro il premio per la
miglior regia all’edizione 2004 del Sundance Film Festival e la nomination di categoria all’Oscar.
Super size me, regia di Morgan Spurlock, con Morgan Spurlock; documentario; U.S.A.; 2004; C.; dur. 1h e 38’
Voto
7½