Vincere
Il regista di matrimoni
Buongiorno, notte
L'ora di religione
Intervista a Marco Bellocchio
Intervista a Sergio Castellitto
La balia
Comincia
con un bambino che parla da solo in giardino L’ora di religione, l’ultimo
film di Marco
Bellocchio. Alla madre, Irene, che gli chiede spiegazioni in merito, il
bambino, Leonardo, risponde che sta rivolgendosi a Dio perché ha appreso
dall’insegnante di religione che Dio è onnipresente e dunque, stando così le
cose, ritiene di non avere uno spazio solo per sé, in cui essere completamente
libero. La madre, turbata, ne parla col padre, Ernesto Picciafuoco, che da
tempo non vive più insieme alla famiglia e si ripromette di discuterne quanto
prima con l’insegnante
del figlio. Quarantenne, laico convinto, pittore di talento, per sopravvivenza
illustratore di libri per bambini (al soldo di un editore volgare ed
insensibile), Ernesto
tornando al suo studio-abitazione apprende da un prete sconosciuto, Don Pugni,
che la sua famiglia ha avviato da tre anni il processo di beatificazione della
defunta madre, uccisa da uno dei suoi quattro figli, da anni mentalmente
instabile. Ai religiosi preoccupati di ricostruire la verità sul martirio della
madre da una parte, ed ai fratelli sconfitti dalla vita dall’altra (concentrati
a recuperare d’un colpo la rispettabilità familiare perduta), il pittore
contrappone lo stesso sorriso ironico e distaccato derivatogli dalla defunta,
una donna che ha sempre considerato passiva, semplicemente stupida ed anche un
po’ fredda. Bellocchio
è riuscito a rappresentare con efficacia l’incoercibile incredulità del
protagonista nella sequenza in cui Ernesto si trova circondato dalla gigantografia
del viso materno, che gli campeggia intorno al suo volto scettico e
disincantato, giusto un attimo prima di essere travolto da una zia non meno
diffidente di lui in materia di fede, ma pronta a ricavare ogni beneficio
possibile dalla beatificazione della parente, una forma di assicurazione
sull’anima, latrice di immense possibilità in terra. Nella convinta laicità del
pittore protagonista, in libera deriva esistenziale, combattuto tra
l’opportunismo e la propria coerenza, L’ora di religione afferma
un rispetto a prescindere, se non per la religione in se stessa, per la
religiosità personale. Ernesto non afferma la propria convinzione sulla
non-esistenza di Dio, ma si limita a dichiarare di non credere in Dio.
Questione di dettagli: in mezzo a questo iato ontologico resta
significativamente spazio per la fede, non la fede verso Dio, ma la fede
nell’amore per una donna. Il pittore si barcamena tra visite ai parenti, una
serata mondana (quasi felliniana per la sua visionarietà), un colloquio con un
cardinale, un illogico duello con un laico aristocratico fuori dal tempo per
cui l’onore è tutto, e l’incontro con una giovane donna misteriosa che dovrebbe
essere l’insegnante di religione del figlio ma forse non lo è: una donna per la
quale la porta dello studio del protagonista resta sempre aperta, curiosamente,
per tutta la durata della storia. L’atto di fede del pittore, interpretato da
un Castellitto
sempre più bravo, è intrinsecamente rivolto verso una donna indecifrabile, da
accettare nel suo mistero, di cui innamorarsi tout court. L’ora di religione
sarà l’unico film che
rappresenterà l’Italia in concorso a Cannes, e c’è da
augurargli tutta la fortuna possibile. Se la merita: è una
pellicola coraggiosa e di rara intensità, assolutamente da non perdere.
L'ora di religione, regia di Marco Bellocchio, con Sergio Castellitto, Jacqueline Lustig, Chiara Conti, Gigio Alberti, Piera degli Esposti; drammatico; Italia; 2002; C.; dur. 1h e 42'
Voto
8