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Al
cinema Alfieri di Firenze per il secondo appuntamento dell’iniziativa Atelier Europa 2002,
rassegna di incontri con i protagonisti del cinema europeo, Marco Bellocchio ha
presentato in anteprima il suo ultimo film L’ora di religione, che
rappresentarà l’Italia in concorso a Cannes.
Qual è stato il punto di partenza del film?
Devo dare una risposta abbastanza ovvia, considerando che l'ho sentita dare anche da altri registi: un film parte sempre
da un’immagine, da delle parole, non da un proposito o da un determinato
teorema da dimostrare. Tanto più per questo film, di cui ricordo un preciso
aneddoto di partenza: eravamo a Bobbio, a girare un piccolo cortometraggio,
guarda caso con un attore con cui sono molto amico, Gianni Schicchi Gabrieli,
nella casa in cui avevo girato I pugni in tasca, insomma in poche parole
lui, rispondendo a mio figlio, che interpretava un altro personaggio, gli ha
detto: “Tua madre è una santa”. Ecco, questa espressione evidentemente mi ha
suggerito degli spunti assolutamente imprevisti, su cui è nata una storia, si
sono accavallate altre immagini, cose pensate in ordine sparso che poi in
qualche modo sono confluite in un’unica storia, dotata di una sua economia e di
una propria struttura. Un’altra cosa che ha motivato il titolo L’ora di religione
è proprio l’inquietudine di un bambino che io ho conosciuto che esattamente
ha detto a sua madre (scena rielaborata anche nel film) che, se Dio è
onnipresente, dove sta la propria libertà, come può uno chiudersi in se stesso,
riflettere, pensare, essere libero. E la madre non ha saputo rispondere: qui
nasce il conflitto, qui nasce se non un problema proprio la necessità di una
risposta da parte del padre, interpretato da Castellitto,
una risposta affettiva, passionale, non tanto razionale. Poi il film si è sviluppato in
un’altra direzione, ma non è nato da un imperativo morale.
La scelta di Castellitto è stata chiara fin dal primo momento?
Per essere sinceri in fase di scrittura della
sceneggiatura ancora non avevo pensato al suo nome, ma è diventata una scelta
per me abbastanza certa in seguito. Anche i grandi attori alcune volte
accettano di fare provini, in questo caso non ce n’è stato bisogno perché ho
proposto direttamente io a Sergio di
fare il film ed il risultato, il rapporto tra noi, è stato splendido nel senso
che è stato dinamico, fortemente dialettico, creativo in un certo senso. Castellitto
si è rivelato un attore molto propositivo, prezioso nel suggerire parole,
comportamenti, immagini, sia a livello della sceneggiatura, sia a livello delle
riprese, sia a livello del montaggio, per esempio: lui ha dato suggerimenti e
proposto idee di montaggio che poi sono diventate il montaggio definitivo. In
questo senso è stato un rapporto eccellente.
Nel film c’è un bambino che si pone grandi domande...
Certamente, è un personaggio disarmante, ed
importante, per quanto si tratti di un personaggio secondario. Molto spesso gli
adulti sopravvalutano e attribuiscono a certe domande dei bambini, a certi
comportamenti o situazioni un peso di angoscia e di inquietudini che in realtà
non c’è. Porto l’esempio di mia figlia che inaspettatamente mi ha chiesto di
essere esonerata dall’ora di religione non perché è diventata atea
ma perché preferisce fare un’ora di scherma. In un certo senso il discorso
sull’ora di religione è un discorso di principio: io sono un laico, ma non ritengo che
l’ora di religione sia un pericolo per i bambini, sono quei principi, quei
riti, quelle affermazioni che poi, volendo improvvisamente rifiutarle, fanno
scattare un’intolleranza inaspettata.
Come risponde alle polemiche che il film ha suscitato?
Una giornalista mi ha chiesto di rispondere agli
attacchi al film da parte delle associazioni cattoliche: mi si accusava di
avere da sempre, fin da I pugni in
tasca, un atteggiamento contro la famiglia, contro la chiesa. Ma non è così.
Sicuramente nel film è implicita una posizione laica, ma quello che a me
interessava cogliere era la passionalità del protagonista, la sua capacità di
innamorarsi ancora di una ragazza, di percepire a differenza dei suoi fratelli
una figura materna un po’ misteriosa ma pur sempre una donna comune.
L’affermazione del suo ateismo consiste nell’innamorarsi di una donna.
Nonostante che si riconosca alla Chiesa ed alla religione una serie di
operazioni e di cose ammirevoli che aiutano la società, poi stranamente, su
certi punti scatta un’inaspettata intolleranza, che non immaginavo.
Voto
8