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  19/04/2024 - 21:48

 

  home>musica > rock_pop

Scanner - musica
 


Sting
Sacred Love
[A&M Records 2003]

 




                     di Paolo Boschi


Brand new day
...all this time


Torna con la sua incomparabile classe Sir Gordon Matthew Sumner, in arte Sting, ex leader dei mai dimenticati Police a cavallo tra gli anni Settanta e gli Ottanta, solista di successo a partire dal 1985 con The dream of the blue turtles fino a Brand new day, uscito nel 1999. L’ultimo album di Sting s’intitola Sacred love ed arriva dopo la toccante parentesi del recente live del 2001, registrato in un’atmosfera surreale nella splendida villa del cantante, ormai toscano d’adozione, durante la tragica serata dell’11 settembre. L’ultima fatica del cantautore britannico conferma quanto di buono Sting ha lasciato intravedere nella sua produzione degli anni Novanta, caratterizzata da continue contaminazioni tra la sua direzione privilegiata di riferimento – ovvero jazz, rhythmn’n’blues e pop-rock, ovviamente – ed occasionali sperimentazioni in chiave arabeggiante (qualcosa si era già sentito appunto in Brand new day: ascoltare in merito la bella Desert rose) ed elettronica. D’altra parte cosa ci si può attendere da un artista che ha già conosciuto un successo enorme in tutto il mondo, ed un successo autoriale non meramente di mercato, se non un’intelligente rielaborazione dei propri temi con l’introduzione controllata di novità, da fondere ed armonizzare al meglio in un repertorio ormai talmente stratificato da innescare automaticamente richiami interni? Per rendersene conto basta ascoltare Never coming home, uno dei pezzi migliori dell’album, che cita appunto l’arpeggio centrale di Bring on the night. Nella tracklist di Sacred love figurano dieci pezzi inediti più un serrato remix del singolo Send your love ed una bella interpretazione live di Shape of my heart come bonus track conclusiva. Entrando nel dettaglio delle canzoni in scaletta, l’album prende avvio con la suggestiva apripista Inside, una ballata nostalgica tipicamente stinghiana, dotata di grande impatto emotivo; a ruota segue il primo degli esperimenti in programma, ovvero il singolo Send your love, che miscela elettronica e ritmi arabeggianti con la chitarra flamenco della guest Vicente Amigo. La traccia successiva presenta Whenever I say your name, che vede Sting impegnato in un patinato duetto de luxe con una vocalist di razza come Mary J. Blidge, in continuo bilico tra pop e soul, canzone senz’altro piacevole ma piuttosto scontata. Discorso completamente diverso per il dittico seguente costituito dall’elegante Dead man’s rope e dalle screziature elettroniche di Never coming home. Avvolgente ma tutto sommato non entuasiasmante la successiva ballata Stolen car, mentre risulta deliziosa Forget about the future, raffinata e jazzata, carica di un groove semplicemente contagioso. Va a finire che l’unico momento fuori dagli impeccabili schemi di Sacred love è costituito dal rock vagamente sporco di This war. Le ultime due canzoni inedite della tracklist sono l’orientaleggiante The book of my life (con il sitar di Anoushka Shankar) e l’intrigante title-track, ombrosa ed avvolgente, senza dubbio uno dei migliori episodi del disco. Nel complesso un ottimo album, che conferma che Sting ha ancora molto da dire, soprattutto per come continua a dirlo. Certo, un po’ d’imprevedibilità in più non guasterebbe, ma non si può avere proprio tutto dalla vita...

Sting, Sacred Love [A&M Records 2003]

Voto 8- 

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