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  08/05/2024 - 16:54

 

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Scanner - musica
 


Noir Désir
Des visages des figures
[Carosello 2002]
Le vent nous portera...

 




                     di Paolo Boschi


Fa un po’ impressione pensare che i Noir Désir abbiano dovuto attendere una vita artistica (oltre vent’anni) prima di approdare in Italia, ma queste sono purtroppo le perverse logiche del mercato discografico transnazionale. La band capitanata da Bertrand Cantat è nata a Bordeaux nel lontano 1980 e, dopo molta gavetta, nel 1989 è riuscita ad incidere il primo album (Veuillez rendre l’aime a qui elle appartient) dei sei complessivi finora pubblicati: l’ultimo nell’ordine è proprio Des visages des figures, uscito in patria nel giorno più tragico immaginabile (l’11 settembre del 2001) ed è arrivato in Italia solo quest’anno, preannunciato dal un incredibile successo di pubblico e critica e dal formidabile singolo di lancio, Le vent nous portera, illuminato dalla chitarra discreta ma inconfondibile della guest de luxe Manu Chao, marcato da un refrain contagioso ed accattivante, ravvivato da divagazioni jazz in serie e da un testo a dir poco meraviglioso. Ma Le vent nous portera è soltanto l’apice dell’articolato ed impeccabile mosaico sonoro costituito dall’album nel suo complesso: dodici tracce che si dipanano tra generi diversi (punk, folk, etno) nell’ambito di una ragnatela musicale dichiaratamente (e fieramente) rock, foriera di messaggi e di poesia. L’apertura è affidata all’ipnotico giro di basso che contraddistingue L’enfant roi, un brano tirato, vagamente hip hop e marcato da un’atmosfera ombrosa e di alta presa emotiva. Anche la traccia successiva, la tesissima Le grand incendie, si dipana in un’ottica che contamina con gusto rock filologicamente corretto ed hip hop, con un basso ugualmente contagioso ed un’armonica da brividi. De Le vent nous portera si è detto: procedendo lungo la tracklist subito dopo arriva un pezzo minimalista e dalla struttura composita come la suggestiva Des armes, davvero uno sparo nel buio. A ruota i Noir Désir cambiano ancora registro (ma non atmosfera, privilegiatamente ombrosa in tutto l’album passando agli squarci introspettivi de L’apartement. Subito dopo arriva anche la title track, una rock ballad atipica che si dilata in felice progressione. La seconda parte dell’album presenta quasi una dichiarazione d’intenti della musica della band transalpina, volumente strutturata in due parti distinte ed agli antipodi: le bocche da fuoco punk rock di Son style 1 seguite ad un dipresso dalle atmosfere rarefatte di Son style 2. Des visages des figures ha ancora cartucce da sparare nel finale: alternando come perle in una collana prima una ballata a pronta presa come A l’envers à l’endroit, quindi il notevole mèlange anglo-francese di Lost in cui ad ogni trapasso linguistico corrisponde un azzeccato cambio di ritmo, poi la splendida chitarra acustica che contraddistingue Bouquet de nerfs ed infine L’Europe, l’ipertrofico (ed epico) manifesto programmatico che i Noir Désir hanno scelto per chiudere il loro viaggio, almeno per stavolta. Un mosaico sonoro che accorpa in modo liricamente impeccabile musica e parole.

Noir Désir, Des visages des figures [Carosello 2002]

Voto 8 

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