"E’ stato un piccolo
grande viaggio compiuto con la sola compagnia di un bellissimo piano da
concerto nuovo fiammante, docile, potente, sensuale e pericoloso come un grande
felino nero che ti sfida a domarlo. Ma da domare, da incanalare c’erano in realtà il flusso
creativo e la mia avida voglia di colore. Lo strumento è solo una tavolozza, il
tempo è la tela, le mani sono i pennelli: ci sono quadri da dipingere, alcuni
pensati altri estemporanei" dice Mauro
Grossi nelle note di copertina del suo ultimo album “Colori”, il primo che
lo vede in perfetta solitudine solcare il suo pianoforte per tornare a scoprire
le sue radici in maniera diversa, per sconfinare a suo piacimento in tutti i
lati della musica.
Grossi, dopo l’azzeccato Cd Distanze (pubblicato
da Music Center nel 2007), che lo vedeva in trio (ARS3) con Attilio Zanchi
e Marco Castiglioni, si concentra su un progetto per
piano solo che pubblica per Philology.
"Colori" per il pianista livornese è un modo per mettere un punto fermo alla sua produzione, ma anche per mettersi in gioco.
Non vincolato dalle dinamiche del gruppo Mauro si muove in tutta libertà,
passando dalla musica barocca al jazz, dai ritmi latini al pop rock, dal repertorio
colto all'impressionismo francese, recuperando alcuni standard e lasciandosi
sedurre dalla tradizione yiddish. Il risultato è un album seducente, un
gioiello che risplende di contemporaneità, pur essendo intarsiato
(eccellentemente) alla maniera antica. Da questo guardarsi in avanti e indietro
di Grossi nascono brani originali come Inverno 1971, omaggi come Tristaura (in cui Mauro strizza l’occhio a Lennie Tristano),
Bartox, che recupera la lezione di Bela Bartok e A Salty Dog, che ripropone l’incedere elegante dell’immortale
successo dei Procol Harum. Tante tradizioni musicali a confronto, per
un album fresco e ricco di contrasti per un jazz con citazioni mediterranee, arabe e mediorientali, per
una preziosa performance pianistica, che illumina di colori vivaci e cangianti
i ritmi preferiti di Grossi. Che risulta convincente anche quando abbraccia con
maestria le tensioni ritmiche della musica Yiddish, quando si avventura in un
mondo di note tutte sue che ha voglia di comunicare e condividere con il suo
pubblico. Davvero un ottimo lavoro questo colori che ci fa conoscere più
intimamente il mondo creativo di Mauro Grossi da una nuova prospettiva. Quella
solistica. Questo non vuol dire che il musicista ha intenzione di abbandonare
la formula del gruppo. Anzi. Continuano infatti, insieme alle presentazioni di Colori (ne abbiamo seguita una davvero riuscita
in cui il compositore e pianista supportava a meraviglia con la sua musica la
presentazione editoriale del romanzo Lo sguardo dell’ombra di Chicca Gagliardo) i
concerti con varie formazioni ed è
in preparazione un nuovo album del trio di Mauro Grossi.
Voto
7 ½