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  26/04/2024 - 19:53

 

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Lella Costa
Stanca di guerra
Estate Fiesolana - Luglio 2004
Fiesole

 




                     di Tommaso Chimenti


Lella Costa: Alice, una meraviglia di paese, presentazione
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Lella Costa: Stanca di guerra
Lella Costa: Traviata
Lella Costa: Precise parole


Brutta bestia quella cosa che distrugge, porta morte e dolore ma che da millenni affascina l’uomo e le sue genti.
Brutta bestia le persone che ancora si ostinano a parlare di guerra, che ancora perdono tempo a raccontarne gli orrori, a descriverne le sofferenze e sottolineare sangue e torture, sciagure, famiglie soffocate dal silenzio dell’impotenza aspettando il prossimo regalo caduto dal cielo per fare gli ultimi fuochi d’artificio.
Brutta bestia gli artisti come Lella Costa, da debellare come Emergency, come Gino Strada, “tutta gente poco seria, di cui non ci si può fidare”, avrebbe detto Edoardo Bennato in “Sono solo canzonette”.
Spettacolo del ’96 questo, nato praticamente insieme all’associazione umanitaria milanese che proprio quest’anno, 1994- 2004, ha compiuto dieci anni, festeggiato nel corso di “Arezzo Wave”, di vita, di speranze ridonate, di sorrisi, di gambe e braccia e piedi nuovi, di protesi e amore, che a volte coincidono.
Una donna sola al comando, un’ora e venti di pura tensione intellettuale, un dondolo, un pendolo, un’oscillazione continua tra il conflitto visto nel classicismo, fino alla contemporaneità, passando per la propria famiglia.
Il Lontano, nel tempo e dagli occhi, il Vicino che inevitabilmente ci tocca tutti.
“Cosa c’è nella guerra che la rende ancora così affascinante?”
“E che faccia devo fare di fronte ai continui reportage di guerra?”
La comicità si lascia andare nel paragone pindarico tra “Antigone” e “Beautiful” fino all’altissimo monologo sulla maternità, anche se vogliamo banalità del “la donna da la vita, l’uomo fa la guerra”, commovente tra il pubblico ed i fazzoletti invano cercati nelle borsette ad incipriarsi il cuore, i nasi che sfrigolano cercando di non far scendere un po’ di triste malinconia o la coscienza che bussa arrivata goccia a far traboccare il vaso della laica tolleranza.
Non dovrebbe essere compito degli attori aprire gli occhi sulle vicende umane, se ciò accade qualche altra componente sociale ha le sue belle colpe e responsabilità nella censura voluta o dovuta.
La Prima Guerra Mondiale, i cecchini di Sarajevo, il conquistador Cortes, la guerra non conosce confini né latitudini, scavalca il limite del tempo, annusa le dimensioni, le sottotracce. “Guerra è il modo in cui l’Occidente guarda le cose”: drammaticamente vero.
I sensi di colpa affiorano e danzano sui gradoni millenari di Fiesole, rimbalzano stanchi anch’essi di guerra.
“La guerra è una cosa troppo seria per essere lasciata ai militari”: dati scottanti tra le dita. Prima guerra mondiale, morti il 5% dei civili, seconda guerra mondiale, 48% di civili, oggi il 95% di civili.
“Che faccia fanno i piloti quando sganciano le bombe o le mine antiuomo? Come fanno a dormire?”
Per fortuna che esistono ancora queste brutte bestie che vanno in giro, come evangelizzatori laici moderni, per portare il verbo a noi ciechi e sordi, pasciuti e viziati: almeno per una sera ci sentiamo più buoni.
Domani si ricomincia, tra petrolio e lavavetri, tra rom e violenze, sangue e bombardamenti, giustificandole, giustificandosi, qualsiasi sia stata la crocetta nera nel box elettorale perché “quando sei in cabina e giochi la schedina ricordati che sei colonna di un sistema, scegli in tempo prima quale sarà il tuo prossimo problema”.

Voto 8.5 

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