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Lugo Opera Festival
Lucio Dalla regista d'opera per l'Arlecchino di Ferruccio Busoni
In scena anche Pierrot Lunaire di Arnold Schönberg con la cantante Cristina Zavalloni e l'Überbrettl Ensemble.
Giovedì 30 marzo 2006 alle 20,30 al Teatro Rossini di Lugo. Unica replica domenica 2 aprile 2006 alle 16

 




                     di Stefania Battaglia


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A due titoli  novecenteschi di magistrale composizione e raro ascolto - “Pierrot Lunaire” di Arnold Schönberg e “Arlecchino ovvero le finestre” di Ferruccio Busoni, è dedicato il nucleo del cartellone del «Lugo Opera Festival», per la direzione artistica di Rosetta Cucchi.

Una scelta pregevole, tanto più considerando la generale scarsa attenzione che Enti lirici e Teatri di Tradizione riservano al repertorio novecentesco, sia storico che recente. Nel ventesimo anniversario della riapertura del settecentesco Teatro Rossini di Lugo, che ospita nei suoi spazi dall’acustica perfetta la quinta edizione del Festival, questa proposta costituisce un’ulteriore testimonianza della vocazione e dell’impegno che in questi anni hanno coerentemente caratterizzato le iniziative del teatro romagnolo. La sua rinascita è infatti coincisa con la ricerca di una peculiare identità che si è espressa nel progetto artistico di proporre un repertorio dedicato all’opera da camera, esaminata nelle sue differenti espressioni, a partire dall’opera seria del XVIII secolo, all’”Opera buffa” , fino ad arrivare al repertorio contemporaneo, privilegiando spesso partiture inedite o non eseguite da molti decenni.

Giovedì 30 marzo e domenica 2 aprile 2006, la nota vocalist bolognese Cristina Zavalloni, degna erede e seguace della grande Cathy Berberian, affronta il difficile capolavoro di Arnold Schönberg, accompagnata dall’Überbrettl Ensemble, mentre un sempre più eclettico Lucio Dalla firma la regia del “capriccio scenico” in quattro atti di Busoni. Sul podio dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, sarà il direttore d’orchestra canadese David Agler.

Interpreti, oltre all’attore Marco Alemanno nel ruolo di Arlecchino, i baritoni Paolo Bordogna (l’Abbate Cospicuo), Maurizio Lo Piccolo ( Ser Matteo del Sarto), il basso Ugo Gagliardo ( Dottor Bombasto), la mezzo soprano Sabrina Willeit (Colombina) e il tenore Filippo Adami (Leandro).

La produzione dell’opera, cui partecipa anche l’irlandese Wexford Festival Opera, rientra nella convenzione triennale stipulata fra il Teatro Comunale di Bologna e il Teatro Rossini di Lugo che vedrà i due teatri impegnati ad esplorare assieme le pieghe del vasto repertorio del teatro d’opera da camera dal Settecento al Novecento storico.

A legare in un insolito dittico le composizioni di Schönberg e Busoni, non è solo il riferimento comune alla maschera, assunta come simbolo di una nuova visione della vita dell’uomo, oltre che come tramite di un teatro antinaturalistico, in polemica con le convenzioni operistiche ottocentesche.

Molteplici sottili trame uniscono in realtà i due autori, apparentemente così lontani. La duplice origine etnica del compositore empolese – italiano il padre, ottimo clarinettista, tedesca e valente pianista la madre – orientò anche le sue ascendenze musicali e drammaturgiche, che, in sommaria analisi, svelano la scuola di Mozart e Rossini.

Esiste certamente un’influenza del “Pierrot lunaire”  schöenberghiano sull”Arlecchino” di Busoni, evidente sia nell’uso dello  Sprechgesang ( sorta di canto parlato), sia in alcune lugubri e sideree atmosfere vocali e strumentali .

Composto nel 1912, il “Pierrrot lunaire” op. 21 di  Arnold Schonberg è un melodramma per voce recitante e 8 strumenti, che utilizza le poesie di Albert Giraud, nella traduzione tedesca di Otto Erich Hartleben.

La peculiarità più caratteristica di quest’opera consiste nell’impiego della cosiddetta "Sprechstimme", cioè a dire “voce recitante”, che in primo piano rispetto al complesso strumentale, esegue una sorta di canto parlato (Sprechgesang), contrastante con il testo ultraromantico e decadente delle 21 poesie di Giraud, nelle quali Pierrot è posto a simboleggiare il caleidoscopio dei desideri, dei sentimenti e delle emozioni umane. Più legata ad una rievocazione disincantata e moderna dell’opera da camera settecentesca e alla Commedia dell’Arte è l’"Arlecchino" di Ferruccio Busoni, che a Lugo verrà eseguita nell´edizione italiana di Vito Levi approvata dall’autore, un titolo di rarissimo ascolto, specie in Italia, dove l’opera del grande compositore non è ancora sufficientemente valorizzata.

Ispirato dalla visione a Bologna nel 1912 di uno spettacolo su Arlecchino del grande attore veneziano Emilio Picello e di una piccola messa in scena per il teatro dei burattini dell’"Occasione fa il ladro" di Gioachino Rossini, Busoni dà alle stampe nel 1916 un “ capriccio scenico” sottotitolato “ Tragedia per marionette”,  in cui, per il tramite delle peripezie di Arlecchino inteso a  conquistare e sposare la bella Annunziata, si esprime in realtà la voce disincantata dell’autore stesso

La vicenda si svolge in una successione ininterrotta di numeri chiusi, omaggio e rielaborazione delle forme del teatro settecentesco, attraverso le quali il compositore strizza l’occhio, con toni ora caricaturali e parodici, ora seriosi, ora di semplice immediatezza, a tutte le principali forme musicali, sia operistiche che popolari, come la marcia e la pantomima cantata.

Il tutto è attraversato da un riso doloroso, e rappresenta senza dubbio l’opera più autobiografica che il grande compositore ci ha lasciato.

Voto 8 

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