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Ricci/Forte
Wunderkammer Soap # 1_Didone
Con Giuseppe Sartori, regia Stefano Ricci. Produzione: Ricci/Forte, in collaborazione con Festival Castel dei Mondi, Festival Internazionale Quartieri d’Arte, Benvenuti
Visto al Teatro San Giorgio di Udine il 20 marzo 2011

 




                     di Tommaso Chimenti


Ricci/Forte, Macadamia Nut Brittle, 2010
Ricci/Forte, Macadamia Nut Brittle, 2011
Ricci/Forte, presentazione Grimmless, 2011
Ricci/Forte, recensione Grimmless, 2011
Ricci/Forte, Troia’s discount, 2011
Ricci/Forte, Wunderkammer Soap # 1_Didone, 2011


"Tutt'al piu' mi offenderai e poi mi caccerai dicendomi che oramai, no non mi interessa più una ragazza che serviva solamente per divertirsi un po'”. (Patty Pravo, “Tutt’al più”)
Dieci voyer in un peep show senza buchi della serratura. Dieci corpi borghesi, seduti su secchi capovolti, come contenitori d’amore e umori e liquidi, che fanno sgattaiolare gli occhi dentro l’inferno privato incarnato da Giuseppe Sartori nei panni (eufemismo), completamente denudato, en travestì, di un transessuale ferito/a, sconfitto/a dalla vita, dall’amore. Una “Wunderkammer” al contrario. Nessuna meraviglia, ma belva in gabbia, che non graffia nemmeno più. Una, delle tante, “ Didone” talmente innamorato/a dell’amore da essersi fatto schiacciare sotto tutto il peso di rimmel, rossetti, lacca, deodoranti, pellicce ecologiche, da chili di trash e kitsch che riempiono questa stanza-camera mortuaria, questo nido-loculo, questo anfratto della Sibilla, questo angolo da eremita-obitorio coloratissimo intriso di musiche sgranate da piangerci sopra sbafando il make up. Siamo prima che la signora della notte vada in scena, prima del palco-marciapiede, prima del palco-sedili posteriori reclinabili, prima di lampioni a carponi. La scrittura di Ricci/ Forte è secca, puntuale di metafore, d’alto e basso, lame che entrano come dita nella piaga putrescente. Ogni uomo che la sfrutta, dai quali si fa umiliare, è il padre, lo stesso che si vede nelle fotografie, uscite dallo scrigno di latta dei sogni, dei ricordi, dei desideri, che inquadrano Sartori, immedesimato fino all’osso in questo autobiografismo terapico, ora neonato, poi in braccio al genitore baffuto, oppure piccolo e sorridente. Un bambino normale in mezzo a tanti altri bambini, senza sapere della sofferenza del domani che l’avrebbe atteso. E’ la punizione a muoverlo/a. Il trucco, le linee segmentate su un corpo statuario come chirurgia plastica come placebo sono l’ambizione di un corpo che non gli appartiene, che non sente proprio, ammirando ossessivamente le centinaia di ritagli di giornale, come serial killer estetico, appiccicati alle pareti tappezzate di volti che ci rimandano a icone pop, da Lady D o a Sarah Jessica Parker, Monica Bellucci o Jennifer Lopez, Nicole Kidman (ha interpretato una recente pellicola, “La donna perfetta”, dove le signore di un paese felice sono robot bellissimi) e Julia Roberts (è di queste ultime settimane la notizia di un tale di Santiago del Cile che si è fatto tatuare ottantadue ritratti diversi della Roberts). La nostra Didone (si ritorna a “Troia’s Discount”) anche soltanto per la schiuma della piscinetta da bambini (ancora più scabrosa, con echi di pedofilia), usata stavolta per mancanza di una vasca da bagno usualmente usata in questa performance, è Marylin che agogna l’amore, forse soltanto l’affetto e l’accettazione, del J.F. Kennedy di turno, è Penelope che si tortura attendendo Ulisse. Ci si rivedono i transessuali di Almodovar o ancora quelli di Emma Dante, da Mishelle di Sant’Oliva fino a Le Pulle. Sartori, tacchi a spillo argentati incellofanati, corona di plastica da regina scadente da concorso, è supportato dalla voce di Stefano Ricci che ne esplica i pensieri pasoliniani di Petrolio da Pratone della Casilina in un (m)agone dagli squallidi contorni, dove il torbido autodistruttivo della coazione a ripetere prende forme sempre più denigranti, devastanti e punitive. A terra i segni che la scientifica lascerebbe per segnare il corpo del reato, perché è di un omicidio senza cadavere che si sta parlando, dell’uccisione dei sogni di un bambino diventato adulto di serie b, da nascondere, da notte, da “Tintarella di Luna”, nella consapevolezza dell’impossibilità di essere, di poter diventare, di poter anche minimamente somigliare alle proprie aspirazioni.

Voto 8 

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