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  28/04/2024 - 00:25

 

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Le Pulle
Operetta amorale testo e regia Emma Dante
Con Elena Borgogni, Sandro Maria Campagna, Sabino Civilleri, Clio Gaudenzi, Ersilia Lombardo, Manuela Lo Sicco, Carmine Maringola, Chiara Muscato, Antonio Puccia, musiche originali Gianluca Porcu, alias Lu, testi delle canzoni Emma Dante, scene Emma Dante e Carmine Maringola
Costumi Emma Dante, disegno luci Cristian Zucaro, assistente alla regia Massimo Vinti, foto di scena Giuseppe Distefano. Una produzione Teatro Stabile di Napoli - Théâtre du Rond-Point, Paris Théâtre National de la Communauté Française, Bruxelles

 




                     di Tommaso Chimenti


In un mare di rosso peccato, da luci osé, vele calano come ghigliottine appuntite e pericolose, che sembrano membri maschili issati e gettati a terra con forza, a dividere, a separare il mondo reale dagli scandali, da queste sessualità mostruose da frequentare in appartamenti bui, in antri riparati e scantinati, elusi ed emarginati da una socialità che non perdona l’oltrepassare i limiti della “decenza” imposta per convenzione religiosa, che non permette certi scambi umorali atteggiandoli e convertendoli a perversioni. “Le pulle”, prostitute in palermitano, sono bambole rotte elettrificate, Maddalene senza faccia come se non avessero passato e anima, che si dibattono come marionette senza fili con le pile scariche, come ballerine di cerone da carillon. La lingua di Emma Dante domina onomatopeica, viscerale e spinosa. Ma colpisce più la scenografia d’immagini e icone, la cromatica gestualità, la coreografia che la drammaturgia accennata. L’insieme creato dalla Dante è un grande quadro di miseria luminosa, di aridità lancinante, di coriandoli tristi, un’atmosfera intrigante quanto accecante come acido. Hanno falli in lattice in mano che agitano con veemenza, sono effeminati con particolari debordanti tra le gambe. E’ una congrega di travestiti da basso, un gineceo di femminielli (Stellina è strepitoso), a tratti disgustose, come la vita, altre affascinanti ed eccitanti nella loro ambiguità di profumi e trine, di lustrini e tacchi alti, di parrucche e bocche gonfie e rosse. A tratti, più femmine delle donne. Sono eccessi da lingue ammiccanti, movimenti forsennati sensuali da disco rave, provocanti da techno e gay pride, e cadute rovinose rappate, sempre in bilico tra il palco e l’esibizionismo e la vergogna in questo concerto nazional popolare, in questi sogni di normalità, di matrimonio in bianco, di ciprie esasperate. Stupri e traumi, confessioni a suon di musica: la madre che vende la verginità del figlio per fame e povertà, la violenza omofoba dei bulli all’inseguimento della punizione del “diverso”, l’anoressia ed il vomito, le unioni tra persone dello stesso sesso, la possibilità di adottare un bambino, la strada e il marciapiede, la famiglia che non accetta la scelta sessuale dei figli. Sfruttate, sostituibili con bambolotti gonfiabili con seni rotondi e falli eretti. Solo corpi da goderne, carne da macello, spazzatura da branco.

Voto 8 

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