Le Pulle
Operetta amorale testo e regia Emma Dante
Con Elena Borgogni, Sandro Maria Campagna, Sabino Civilleri, Clio Gaudenzi, Ersilia Lombardo, Manuela Lo Sicco, Carmine Maringola, Chiara Muscato, Antonio Puccia, musiche originali Gianluca Porcu, alias Lu, testi delle canzoni Emma Dante, scene Emma Dante e Carmine Maringola
Costumi Emma Dante, disegno luci Cristian Zucaro, assistente alla regia Massimo Vinti, foto di scena Giuseppe Distefano. Una produzione Teatro Stabile di Napoli - Théâtre du Rond-Point, Paris Théâtre National de la Communauté Française, Bruxelles
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In un mare di rosso peccato, da
luci osé, vele calano come ghigliottine appuntite e pericolose, che sembrano
membri maschili issati e gettati a terra con forza, a dividere, a separare il
mondo reale dagli scandali, da queste sessualità mostruose da frequentare in
appartamenti bui, in antri riparati e scantinati, elusi ed emarginati da una
socialità che non perdona l’oltrepassare i limiti
della “decenza” imposta per convenzione religiosa, che non permette certi
scambi umorali atteggiandoli e convertendoli a perversioni. “Le pulle”, prostitute in palermitano, sono bambole rotte
elettrificate, Maddalene senza faccia come se non avessero passato e anima, che
si dibattono come marionette senza fili con le pile scariche, come ballerine di cerone da carillon. La lingua di Emma Dante domina
onomatopeica, viscerale e spinosa. Ma colpisce più la
scenografia d’immagini e icone, la cromatica gestualità, la coreografia che la
drammaturgia accennata. L’insieme creato dalla Dante è un grande quadro di miseria
luminosa, di aridità lancinante, di coriandoli tristi, un’atmosfera intrigante
quanto accecante come acido. Hanno falli in lattice in mano che agitano con
veemenza, sono effeminati con particolari debordanti tra le gambe. E’ una
congrega di travestiti da basso, un gineceo di femminielli (Stellina è strepitoso), a tratti disgustose, come la vita, altre
affascinanti ed eccitanti nella loro ambiguità di profumi e trine, di lustrini
e tacchi alti, di parrucche e bocche gonfie e rosse. A tratti, più femmine
delle donne. Sono eccessi da lingue ammiccanti, movimenti forsennati sensuali
da disco rave, provocanti da techno e gay pride, e cadute rovinose rappate,
sempre in bilico tra il palco e l’esibizionismo e la vergogna in questo
concerto nazional popolare, in questi sogni di
normalità, di matrimonio in bianco, di ciprie esasperate. Stupri e traumi,
confessioni a suon di musica: la madre che vende la verginità del figlio per
fame e povertà, la violenza omofoba dei bulli all’inseguimento della punizione
del “diverso”, l’anoressia ed il vomito, le unioni tra persone dello stesso sesso, la possibilità di adottare un bambino, la strada e
il marciapiede, la famiglia che non accetta la scelta sessuale dei figli.
Sfruttate, sostituibili con bambolotti gonfiabili con seni rotondi e falli
eretti. Solo corpi da goderne, carne da macello, spazzatura da branco.
Voto
8
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