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  27/04/2024 - 03:10

 

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Scanner - musica
 


Pink
Missundaztood
[2001 Arista]

 




                     di Paolo Boschi


E’ una ragazza che sembra trovarsi sempre al posto giusto nel momento giusto e con il look giusto, la nostra Pink da Philadelphia, che dagli esordi hip hop da teenager non ha mai smesso di cantare. Esemplare in tal senso la sua partecipazione al videoclip della cover di Lady Marmalade insieme alle colleghe Christina Aguilera, Lil’ Kim e Mya, canzone entrata in top ten e nella soundtrack di Moulin Rouge di Baz Luhrmann, che ha avuto un successo su scala planetaria. Chi non si fosse accorto dell’esistenza di Pink fino a Missundaztood, l’avrà indubbiamente scoperta con la contagiosa Get the party started, supportata da un video galeotto ed irresistibile in cui Pink lascia andare il suo personaggio a briglia sciolta alternandosi tra mises sexy, atteggiamenti da ‘ragazzaccia’ e facce da fumetto. Tutta apparenza dunque? Assolutamente no, perché in effetti bisogna riconoscere che tra le quattordici tracce del secondo album di Pink cose buone ce ne sono, oltre ad un singolo indovinato di cui forse tra qualche tempo perderemo memoria. Cominciamo a scendere nel dettaglio della tracklist di Missundaztood rilevando l’estrema varietà del disco, al cui interno si trova un po’ di tutto quanto può avere probabilità di successo sul fronte radiofonico: ballate malinconiche ma non troppo, (pochissimi) brani introspettivi, canzoni ballabili a base di sex’n’fun, tre collaborazioni eccellenti (nell’ordine Scratch, Steven Tyler degli Aerosmith e Linda Perry dei disciolti Four No Blondes). Indiscutibilmente si tratta di una produzione di impeccabile qualità commerciale, forse anche troppo, tanto che alla fine lascia un retrogusto da prodotto preconfezionato. Missundaztood si apre con l’intrigante titletrack, molto scorrevole, seguita da due ballate meno godibili (Don’t let me get me e Just like a pill): l’album riprende ritmo con la scatenata Get the party started, marcata da un refrain orecchiabilissimo, e con la movimentata fusion tra hip hop e soul di Respect (featuring Scratch). Pink mostra di trovarsi a suo agio anche con il registro pop rock (in 18 Wheeler) e con Family Portrait, che pare uscita di sana pianta dal repertorio dei Fugees. Il duetto con Steven Tyler in Misery è in pratica l’unica vera gemma del disco, al cui interno risulta una mina vagante comunque fondamentale per esemplificare le doti canore di Pink alle prese con una ballata rhythm’n’blues. Da qui in poi Missundaztood è meno in linea con l’immagine globalmente diffusa della giovane cantante americana: c’è spazio per l’introspezione con Dear diary e My Vietnam, un pugno di ballate a pronta presa (Eventually, Lonely girl, con Linda Perry, e la sinuosa Gone to California) ed il rock ombroso di Numb. Guardando agli artisti più seguiti dai giovanissimi, onestamente in giro si trova molto di peggio. Ma anche proposte più originali.

Pink, Missundaztood [2001 Arista]

Voto 6½ 

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