Progetto Satyricon : i cinque Capitoli al Piccolo, Milano, 2012
Progetto Satyricon : i cinque Capitoli al Vascello, Roma, 2012
Progetto Satyricon : recensione La cena del nulla, 2011
Progetto Satyricon : presentazione La cena del nulla, 2011
Progetto Satyricon : recensione Nell’anno di grazia post naufragium, 2010
Progetto Satyricon : recensione tra scuola e bordello e Quartilla, 2010
Progetto Satyricon : presentazione tra scuola e bordello e Quartilla, 2010
Compagnia Progetto Satyricon : La pinacoteca di Eumolpo, 2009
Progetto Satyricon : Materiali per un Satyricon Contemporaneo, 2009
Progetto Satyricon : La pinacoteca teatrale (1999-2009, 2010)
Scanner intervista Massimo Verdastro, 2010
La scena si schiude sulle immagini iniziali de “La commare secca” (il film del 1962, con sceneggiatura di Pasolini, che segna il debutto alla regia di Bernardo Bertolucci)
e ci trasporta nella desolazione in bianco e nero di una periferia romana senza tempo,
in cui i giovani parlano come si usa negli sms. Contrazioni verbali, acronimi, slogan mozzati, che di fatto spiazzano anche i protagonisti Encolpio e l'infido amico-nemico Ascilto che
stanno andando alla scuola di retorica del maestro Agamennone, riconvertito da
Palladini in un cinico manager affarista di una ‘clinic’ per curare i disturbi del linguaggio e della comunicazione.
I due (con la complicità di Gitone) saranno protagonisti di un viaggio contrastato nel magma di una Roma che allo stesso tempo è debitrice del romanesco del Belli e della neolingua degli SMS, una metropoli in cui il vizio, il raggiro, il sesso, l’essere guascone (o pecora) a tutti i costi, offrono alla gente l’illusoria speranza di reagire alla mancanza di qualsiasi opportunità di emergere (o almeno di affrancarsi) dallo scempio della vita di tutti i giorni.
Il testo che Marco Palladini ha scritto per l’episodio “Satyricon 2000 - tra
scuola e bordello” è sferzante, percorso da un senso di deriva, in
bilico tra incanaglimento e malinconia, che la messa in scena amplifica con lampi di
intensità. Merito della sapiente regia di Massimo Verdastro, che in questo nuovo lavoro si rivela in grande spolvero, capace
di calibrare e tenere saldamente sotto controllo i molteplici piani e registri espressivi, facendo leva su una scrittura che procede per quadri fortemente distinti, diretti con ritmo incalzante, anche nei contrasti omoerotici, e impaginati con la cura di uno storyboard, grazie alle atmosfere visuali, flessibili e incisive ma mai soverchianti, di Stefania Battaglia, coadiuvata nelle luci da Marcello D’Agostino.
Ancora una volta alla base del successo delle recenti produzioni della Compagnia Verdastro Della Monica c’è un lavoro d’equipe che fa la differenza, un percorso condiviso da tutte le anime della compagnia che cura (e valorizza) a 360 gradi i molteplici linguaggi delle arti sceniche.
La drammaturgia musicale di Francesca della Monica e quella gestuale di Charlotte Delaporte offrono il destro a Verdastro per costruire un Satyricon che funziona come un meccanismo perfetto. Senza tradire il racconto di Petronio e le identità dei suoi personaggi, lo spettacolo risulta assolutamente contemporaneo, maturo e mai banale. In ogni direzione. Lodevole l’interpretazione di Andrea Macaluso che dà voce e corpo alle contorsioni sapienziali di Agamennone, così come di Francesco Bonomo e Daniel Dwerryhouse, rispettivamente
nei ruoli di Ascilto ed Encolpio, che brilla di intensità anche quando la narrazione ha momenti parodici, durante il transito in un iconografico e paradossale bordello, introdotto da
una logorroica maitresse alle prese con l’evocazione della Divina Commedia in dialetto bolognese (nell’ottima e grottesca interpretazione di Valentina Grasso).
Proiettati poi in un viaggio interiore, che previa triangolazione con il prostituto Gitone (Marco De Gaudio) scava con graffiante lucidità nel malessere di una realtà avvitata su sé stessa, i tre amici ricompariranno nel tempio della sacerdotessa del dio Priapo, affidati alla scrittura di Letizia Russo.
Con un radicale cambio di registro scenico e registico e una brillante iconografia costumistica, la sexy sacerdotessa Quartilla Quartillae, scortata dai suoi bizzarri assistenti - Psiche, Pannuchis e Boy George - giunge fino a noi moderni, più che mai determinata a punire i profanatori dei riti orgiastici di Priapo. Recitato interamente in latino maccheronico, da un’eroica ed esilarante Tamara Balducci, in tandem con il piroettante Priapo di Giovanni Dispenza (attrezzato di un lungo e flessuoso fallo che maneggia con destrezza da giocoliere) solo con qualche sporadico controcanto in italiano (qualcosa in più non guasterebbe) da parte dell’invasata Ancilla Ancillae Psiche (Giusy Merli), il secondo episodio del dittico petroniano decolla da subito su ritmi esuberanti, regolati da schiocchi di frusta e dall’aprirsi e chiudersi di tre grandi porte che moltiplicano apparizioni e trasformismi. Grazie a piccoli – grandi colpi di scena, a invenzioni paradossali nei costumi e negli oggetti di scena, ad ammiccamenti fumettistici e circensi, l’espiazione del sacrilegio dei tres guardones – alias
Encolpio, Ascilto e Gitone – obbligati ad un’orgia forsennata e alla deflorazione della verginella Pannuchis (ancora una convincente e irriconoscibile Valentina Grasso) non scade mai in un banale festino carnale. La maestria di Verdastro e soci nello scandire dinamiche e vocalità, alimentata da una coralità
interpretativa eccellente, conduce la scrittura della Russo ad un esito di straordinaria freschezza e vitalità, che riesce a tenere sempre alta l’attenzione del pubblico, regalandogli momenti di vera comicità, in cui primeggia la scoppiettante interpretazione di Boy George, ad opera di Giuseppe Sangiorgi.
Dal livore delle periferie, alla freddezza tumultuosa degli sms, dal calore del
bolognese popolare, alla lingua del Belli, dalle canzoni degli Spandau Ballet, a quelle di Gabriella Ferri, passando per Satie e l’elettronica, dal latino al circense, il salto sembra arduo. Non lo è per la Compagnia Verdastro Della Monica che, in questo coinvolgente nuovo lavoro, sorprende per l’attualità dei temi evocati, per la quantità (e la
qualità) dei linguaggi usati per narrare l’epopea Satyricon, in un avventuroso teatro in technicolor capace di conquistare ogni tipo di
spettatore.
Voto
9