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Paolo Rossi
Il Signor Rossi contro l’impero del male
Uno spettacolo di risate con il Teatro di Rianimazione
Saschall - 3, 4, 5 novembre 2005

 




                     di Tommaso Chimenti


Uno spettacolo di risate preventive a capitoli. Ridere è meglio di curare. Dopo “Il Signor Rossi e la Costituzione”, il secondo atto, “Il Signor Rossi contro l’Impero del Male” è l’abc della satira politica senza false polemiche, senza isteriche prese di posizione, al di là di tutti i celentanismi demagogici e strumentali. Paolo Rossi non è né “lento” e neanche “rock” e francamente se ne infischia di queste stereotipizzazioni da quattro soldi. Fa ridere non c’è che dire, e di gusto, ma senza imbroglio. Non vuole venderti niente, né pentole, né idee, né alcuna tessera di partito. Mette in campo la sua arte, e lo fa benissimo, con scioltezza da acrobata nel suo corpo istrionico e mollemente plasmabile, nelle sue voci, nel “cazzo” che usa come intercalare, virgola e pausa. Oltre due ore di sano varietà, oltre tutti i Montesano di questo globo che ancora spacciano la satira per qualcosa che non ne ha neanche il lontano e vago sentore. Ci sono gli attacchi, ci sono le stoccate, ma è un colpire a salve, per mettere sul piatto della bilancia un dato di fatto e riportarlo sul palco in forma di sketch: il risultato è assicurato, il pubblico non si sente cretino ed incompetente nel sentire la lezioncina dotta, vedi la Guzzanti o Grillo, il divertimento al top. Una mimica facciale e d’espressione che lo avvicina a Cochi e Renato, mentre per l’affabulazione il campo è quello di Luttazzi. “Berlusconi ha detto: “Io sono il bene”, ecco ho già sbagliato il titolo”, esordisce, “ci sono ancora pochi mesi per poterlo sfruttare – continua candido – e poi non è deontologicamente corretto parlare male dei colleghi, soprattutto se sono più bravi di te”. Al suo fianco la poliedrica formazione del “Teatro di Rianimazione”, gruppo cosmopolita di attori, danzatori, musicisti: italiani, africani, arabi, albanesi, ed una spalla sosia di Bisio. C’è il capitolo 1 con gli italiani alla fermata del tram che hanno paura degli immigrati, alla Aldo, Giovanni e Giacomo, il capitolo 2 con il Signor Rossi che spiega l’Italia agli stranieri. E si parla di immigrazione e di Lega e Nord Est “con gli industriali che risparmiano sulla manodopera e come puttanieri”, dell’articolo 11 della Costituzione, “in prima linea chi vuole la guerra”, di Licio Gelli e della P2, “al quale Berlusconi ha rubato le idee e non ha pagato la Siae”, senza dare assiomi e verità cadute dall’alto, ma ridicolizzando aspetti quotidiani e notizie reali. Poi le canzoni tutte stravolte nel testo: “Satisfaction” medley con “L’uva fogarina” che parla della Cuccarini, “Gastone” riferito al Presidente del Consiglio, una melensa “Smoke on the water” eseguita con un solo di fisarmonica. Un fazzoletto bianco sventola sempre nelle sue mani: per salutare alla Olio, per evidenziare i movimenti alla Charlot. “L’Italia è bagnata da tre mari e prosciugata da Tremonti”, il Saschall si sganascia. Il capitolo 3 è “La famiglia media rovinata dal 21 pollici” sulla tv che specula sulle disgrazie della gente, il 4 è “Il Signor Rossi al night” con un gay isterico, facente parte delle Brigate Renato Balestra, con il phon in mano, vestito da militare, la voce alla Zero ed i capelli alla Enzo Paolo Turchi che vuole esportare la bellezza occidentale nei paesi canaglia. Nel 5 le Ronde Borghezio, nel 6 la caduta dal ponte, nel 7 l’istituzione del teatro obbligatorio con le “Lecciso che fanno “Le Troiane” di Euripide”. Inchino e delirio.

Voto 8 

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