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Compagnia Gogmagog
Have I none
Regia Tommaso Taddei. Traduzione Ilaria Staino, con Cristina Abati, Carlo Salvador, Tommaso Taddei, progetto luci Marco Falai, consulenza letteraria Luca Scarlini
Un testo del 2004 dell’inglese Edward Bond, rappresentato per la prima volta in Italia. Per zoom festival al Teatro Studio di Scandicci in prima nazionale dal 22 al 24 novembre 2007

 




                     di Giovanni Ballerini


ZOOM Festival 2007
ZOOM Festival 2006
Cosmesi, La primadonna: chi semina vento raccoglie tempesta, 2007
Teatro dell’Esausto, Foie-Gras, 2007
Compagnia gogmagog, Have I none, 2007


"Molta drammaturgia e in generale molto teatro contemporaneo si occupa del futuro e non sono pochi gli spettacoli che prendono origine dalla fantascienza, come se occuparsi del futuro sia un modo per analizzare e comprendere meglio il presente che viviamo".

Arrivano dal luglio 2077I cupi segnali per la vita di oggi. Il migliore spettacolo di Zoom Festival 2007 è sicuramente l’azzeccato Have I none, la piece dell’inglese Edward Bond in scena in prima nazionale al Teatro Studio di Scandicci il 22 novembre 2007 (repliche il 23 e 24 novembre2007). Questo piccolo gioiello di uno dei maggiori drammaturghi inglesi viventi, un testo breve del 2004, mai rappresentato in Italia, ha trovato nei Gogmagog la migliore formazione per sottolineare, con enfasi e ironia, la contemporaneità di questa distopia, in cui il ritmo martellante delle parole trascina i protagonisti in un riuscito, quanto intrigante, delirio a tre. Un delirio teatrale ben riuscito, in cui le frasi ricorrenti, i motivi di incontro - scontro  diventano delle gag – trance de vie condivisibili, della realtà quotidiana. Quanti di noi si sono sentiti di colpo proiettati in una dimensione improbabile, incredibile, quando cambiano le regole del gioco? Basta una situazione rimessa in forse da una successione, da un delitto, da uno scartamento temporale, da un cambiamento legislativo, per vedere (sulle nostre coscienze)come le norme in realtà possano variare le nostre percezioni sulla realtà, sul modo di comportarsi, di reagire.

“In realtà, e questa non è retorica, la nostra società non è basata sulla tecnologia ma sul consumo e sulla schiavitù – sottolinea Edward Bond -. Una schiavitù che assume la forma del consumo. Il compito del drammaturgo è quello di sempre, ossia permettere al pubblico di vedere ciò che sta facendo, per capire la propria vita e ciò che potrebbe succedere domani”.

Ecco quindi che nelle iperboli proposte in Have I none, Il futuro diventa, se non condivisibile, almeno prevedibile in quel suo essere senza scampo, sferzante, credibile, eppure tragicamente apocalittico. Purtroppo sulle mostre teste. Un futuro ipertecnologico, ma anche e soprattutto distopico , più vicino a quello di Ray Bradbury che a quello codificato da Isaac Asimov.

!"Il nostro incontro con la drammaturgia di Edward Bond prevede naturalmente una condivisione del suo modo di vedere il presente come luogo dominato dallo sfruttamento, dalla sopraffazione, dalla violenza, dall’ irrazionalità. Una violenza, una sopraffazione e un’irrazionalità polverizzate, “microfisiche” e pertanto presenti in ogni aspetto della vita, anche e soprattutto in quella domestica e familiare. Ci sono sembrati drammaticamente attuali i riferimenti ad aree cittadine “ripulite” rase al suolo con le ruspe, a intere comunità spostate da una zona all’altra, ai documenti di identità a cui spesso sono legati i destini di uomini e donne”.

Ma veniamo ai Gogmagog, in questo progetto le qualità espressive e performativa di Carlo Salvador e di Tommaso Taddei, che ha firmato anche la regia, sono stati fondamentali nel reggere la scena con credibilità e personalità. Con quel pizzico di surreale che fa la differenza.

Ma è stata soprattutto la recitazione – non recitazione della performer Cristina Abati, credibile con i suoi tick, bravissima e fuori da coro e dalle convenzioni, con quel suo modo schizzato di calcare la scena a fare la differenza. E se la Patty Smith di Scandicci (per la sincera intensità che dedica alle sue varie performance) si propone da attrice, riece a dire la sua a non scomparire. Anzi. Vestita come una Cucinotta nel Postino di Troisi (e quindi lontano dalle sue performance), dimostra, anche in fisicità, di avere le carte giuste, soprattutto, quando i toni si fanno surreali. Poco importa se le fuori da ogni codice recitativo. Una regina dark, che sa dare quale qualcosa in più a ogni cosa che esprime sulla scena. Con quel fascino e quella inadeguatezza – preziosa unicità di questa affascinante, quanto irregolare performer, poetessa e musicista nata a Firenze nel 1974 che ha nelle corde un percorso di innovazione. In realtà il plauso va allargato a tutti i Gogmagog, una delle poche compagnie toscane pronte (e irrefrenabili) quando arriva lo stimolo giusto. Presenti a mille sollecitazioni e ardite quando le idee arrivano anche da Oltremanica. Continuate così.

Edward Bond (1934) è uno dei maggiori drammaturghi inglesi contemporanei. Molti dei suoi titoli hanno subito in patria attacchi e, di fatto, dal 1989 la maggior parte della sua produzione recente, ossessionata dai temi della guerra, è stata rappresentata per la prima volta in Francia. Questi i sui titoli maggiori, rappresentati in tutto il mondo. Salvo (1965), Quando si fa giorno (1968), Black Mass (1970), Lear (1972), Bingo (1973), The Woman (1978), The War Plays (1985). Tra i suoi ultimi testi, messi in scena da Alain Françon e Christian Benedetti, da segnalare Cafè (2000), Onze (2001) Crime (2001). Ha scritto per le musiche di Hans Werner Henz (tra l’altro il libretto della Gatta Inglese) e per il cinema, collaborando a Blow-up di Michelangelo Antonioni (1966) e a The Walkaboutdi Nicholas Roeg (1971), in Italia ha coodiretto con Antonio Calenda Days of fury (1971)

Voto 8 

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