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Egumteatro
Che tragedia!
Dagli antichi testi greci tradotti da Edoardo Sanguineti. Regia Annalisa Bianco e Virginio Liberti, scene e Costumi Horacio de Figueiredo, suono Otto Rankerlott, luci Simone Fini. Con Lorenzo Gleijeses Andrea Capalbi, Armando Iovino, Davide Pini Carenzi
Il 13 e 14 dicembre 2007 al Teatro Studio di Scandicci

 




                     di Giovanni Ballerini


Egumteatro, Quartett, 2003
Egumteatro, Serate Beckettiane, 2006
Egumteatro, L’omossessuale o la difficolta’ di esprimersi, 2006
Egumteatro, Che tragedia!, presentazione, 2007
Egumteatro, Che tragedia!, recensione, 2007
Egumteatro, Un anno con 13 lune, 2008


"Ci piace che la nostra avventura nel labirinto tragico fosse vissuta da giovani attori. Nessun pregiudizio anagrafico. Sappiamo che l’aspettativa di vita nell’antica Grecia era di 40 anni. Aldilà della filologia anagrafica, quello che ci interessa è formare un piccolo gruppo di lavoro composto da giovani attori e realizzare una formazione attorale come si faceva un tempo, cioè, attraverso la realizzazione di spettacoli".

Dopo aver indagato le drammaturgie contemporanee di Copi, Koltès, Müller e Fassbinder Egumteatro punta il suo obiettivo sul teatro classico e lo fa interpretare ai giovani.

Va in scena il 13 e 14 dicembre alle ore 21,15 al Teatro Studio di Scandicci “Che tragedia!” regia di Annalisa Bianco e Virginio Liberti, da testi classici nella traduzione di Edoardo Sanguineti. Lo spettacolo, una produzione Teatro Stabile di Calabria - Egumteatro in collaborazione con Festival Magna Grecia Teatro 2007, è interpretato da Lorenzo Gleijeses, Andrea Capalbi, Armando Iovino, Davide Pini Carenzi, scene e costumi di Horacio de Figueiredo.

Proprio dalle scene, scabre, ma funzionali, si capisce la magia del teatro degli Egum e l’intensità della regia di Annalisa Bianco e Virginio Liberti, che riesce a trasformare con piccoli, intensi, tocchi i giovani protagonisti in credibili performer. Li tiene a bada e li induce alla tragedia. Anche tenendoli a mollo (vestiti) in piccole vasche colme d'acqua e poi facendoli continuare a recitare, nagnati, gocciolanti, fino alla fine dello spettacolo.

"Noi abbiamo avuto una formazione nelle scuole di teatro italiane ma crediamo che un attore debba studiare e contemporaneamente dormire, mangiare, bere, respirare e sognare e soffrire su un palcoscenico, come un pilota che ha bisogno di ore di volo o di un marinaio tanto bisognoso di tempeste e forti venti – sottolineano gli Egum -. Detestiamo le immagini retoriche per parlare di cose concrete e la poetica dell’attore è l’arte concreta di far apparire (poiesis) i morti mai dimenticati perché eternamente ricordarti nelle e dalle parole di un vivo per altri vivi. Ecco, forse questo è il principio che ci guiderà nel labirinto tragico: risuscitare i morti per scoprirci vivi. Mah… come vedete non è così originale, questo era il canto del capro".

Intitolando con ironia con ironia “Che tragedia!” questa loro ultima messa in scena, i due registi di Egumteatro incontrano il teatro classico: brani da Le Baccanti, I Sette contro Tebe, Fedra, Le Troiane, sono interpretati da quattro attori fra i 24 e 30 anni. Le parole tragiche nella poetica traduzione di Sanguineti danno vita ad un’emozione musicale intensa che accompagna il pubblico nella discesa negli abissi della sofferenza umana senza nome, senza passato come i morti del Darfur, dell’Iraq e del Rwanda.

Liberti e Bianco hanno scelto non una tragedia ma di riflettere sul senso del tragico, quello del passato e quello di oggi.

"La violenza dei nostri giorni – dichiarano - è anonima e le vittime sono corpi senza nome, senza passato, quasi sempre senza una identificazione. Ci accorgiamo della loro esistenza solo quando una bomba li ha uccisi e ha fatto a pezzi i loro corpi. Insomma, i testi tragici non sono un fatto culturale ma un preciso racconto di orrori. Vogliamo entrare nel labirinto dei testi greci per restarci, per perderci senza cercare una illusoria via d’uscita. Il Tragico come un conflitto senza soluzione. Il Tragico come una macchina di sterminio per l’astuzia della ragione. Il Tragico come antidoto all’indifferenza del dolore altrui."

Voto 8 

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