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  25/04/2024 - 19:17

 

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Marco Vichi
Nero di Luna
Il libro è dedicato a due amici scomparsi, il musicista Riccardo Biagini, l’attore Franco Di Francescantonio
edizioni Guanda, Collana: Narratori della Fenice, 260 pp, 15 euro, 2007

 




                     di Tommaso Chimenti


Marco Vichi, Morte a Firenze, 2009
Marco Vichi, Per nessun motivo, 2008
Marco Vichi, Nero di Luna, 2007
Marco Vichi, Parole e musica, 2005
Marco Vichi, Donne Donne, 2000, una critica al maschile
Marco Vichi, Donne Donne, 2000, una critica al femminile
Marco Vichi, L'inquilino, 1999


Le colline tra Firenze e Siena nascondono molti segreti e misteri. Sono popolate da “un covo di squilibrati”, lupi mannari, strani rumori e leggende, fantasmi, presenze, voci. E’ gente diffidente e schiva e scorbutica quella che popola il nuovo romanzo di Marco Vichi, il godibile “Nero di Luna” (edizioni Guanda, 260 pp, 15 euro). “Voi forestieri venite quassù pensando al Paradiso, i vigneti, gli olivi, l’olio bono, non sapete il “troiano” che c’è”. Sulla copertina una serie di dune seducenti che potrebbero essere le pittoresche colline del Chianti o seni prosperosi o fondoschiena femminili. Vichi abita effettivamente nel Chianti. Il libro è dedicato a due amici scomparsi: il musicista Riccardo Biagini e l’attore Franco Di Francescantonio. A quest’ultimo il festival fiorentino Costante Cambiamento 2007 gli ha dedicato due piece grazie alla voce di Gianluigi Tosto. Ci sono anche clichè assodati generici come lo scrittore che scrive dello scrittore o che si improvvisa detective, particolari, legati alla scrittura di Vichi, dai piatti di spaghetti cucinati in ogni modo, all’irrefrenabile spirito da latin lover e conquistatore da “Donne, donne”, al vino a fiumi, alle canne. E non si parla né di quelle d’organo né tanto meno della località della famosa battaglia delle guerre Puniche. Non è la classica cartolina delle colline toscane, già peraltro incrinata dai compagni di merende in avanti. Si sente la terra, s’annusa l’olio, il vino ruspante, lo scricchiolio delle foglie secche, le mura granitiche della Storia e spesse e umide. Il tutto è popolato da una sottile patina di ignoranza mista a cinismo, che a volte sfocia nel menefreghismo altre si abbandona ad una vera e propria violenza da sopravvivenza. Non c’è ingenuità. L’uomo qui ritorna animale, ha meno freni inibitori, nei gesti e con la lingua. Uno scrittore che si ritira su un eremo, Jack Nicholson in “Shining”, a caccia di presenze mitologiche, “Un lupo mannaro a NY”, con scene che ricordano la tragedia di Sant’Anna di Stazzema o il Conte Ugolino dantesco, un bosco da “The blair witch project”: insomma “Un tranquillo week end di paura”. Anche i nomi sono importanti: il protagonista è Emilio, in terra di Toscana, il rude personaggio amaro della signora Rondanini ricorda una delle Pietà michelangiolesche conservata adesso al Castello Sforzesco di Milano, i Carabinieri, dei quali non ne esce un grande profilo, tutt’altro, vengono appellati con l’appuntato Schiavo ed il maresciallo Pantano. E il cognome del protagonista è Bettazzi che, lo sappiamo tutti, fa rima con.

Voto 7 + 

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