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Fidarsi è bene
Il vino è per forza sincero e vero

 


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  06/11/2024 - 10:04

 

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Scanner - gusto
 


Fidarsi è bene
Il vino è per forza sincero e vero
Sono gli uomini che non lo sono

 




                     di Tommaso Chimenti


"Non ti fidare di chi ti dice che il suo vino è sincero”.
La butta là, tirando giù un sorso da un bicchiere squadrato che ne deve aver viste di migliori di bocche appoggiarsi al suo vetro ormai opaco.
"Il vino è per forza sincero e vero. Sono gli uomini che non lo sono. Il vino viene dalla terra, dal sole, dall’acqua, dal sudore, come mai potrebbe essere falso, bugiardo, ipocrita, mentitore, ingannatore?”. Mi squadra con la coda dell’occhio.
Mi ero appena seduto qui, nei tavolini all’aperto, tra le grandi botte brune, sotto gli ombrelloni di quest’osteria all’aperto, per prendere un po’ di fresco. Proseguire la strada verso Sud o fermarsi, giusto un attimo di ristoro davanti alla meraviglia della Rocca. Da questo punto il grand’angolo della mia macchina digitale non basta, si affievolisce alla superbia di queste mura bionde, potenti, di una solidità eterna.
"Non ti fidare dei nomi altisonanti dei vini, delle etichette colorate, dei casati”, continua imperterrito nel suo viaggio di consigli. Ancora non ho detto una parola. Si è seduto con il suo bicchiere in mano al mio tavolo. Non mi ha ancora guardato in faccia. Mi parla e guarda avanti a sé, al castello, vecchio quanto lui.
"Quanti anni mi dai?”, spara lì una frase che sembra venuta fuori dal nulla. Mentre sto per rispondere, per dire qualcosa: “No, non dire niente. Molti di più di quanti tu non pensi”, e con il palmo aperto della mano sinistra mi zittisce.
"Non ti fidare degli anziani che pensano di sapere tutto, del tempo, del vino, della terra, degli uomini. Ne ho visti io, con i denti grigi, mettersi in bocca una zolla arida per sentire se l’anno dopo sarebbe stata una buona annata per il Brunello”.
Il sole picchia forte, tutto è bianco, gli occhi stretti e piccoli. Faccio un sorriso ed indico la fortezza.
"Non ti fidare di quelle mura che ti chiamano dentro innocenti e poi t’impigliano con la loro bellezza di sirene, ti accolgono dentro e ti fanno sedere. Poi ti trovi nel bel mezzo, ti guardi intorno e perdi i punti di riferimento, il nord e il sud, ti volti, giri su te stesso come una giostra, una trottola di legno per bambini e le mura gigantesche, imponenti si piegano su di te ad abbracciarti, a stringerti, a tenerti e tu ti lasci andare a quelle mani così piene e sopra il cielo è di un celeste che non lo hai mai visto così e le nuvole bianche che sembrano disegnate con i pastelli”.
Lo guardo. Il suo profilo è duro, rugoso, gli occhi infossati a cercare qualcosa che non c’è.
"Non ti fidare del Brunello. Del suo colore enigmatico. Non ti fidare di queste vigne che ti chiamano contorte e sinuose come seni di donna in fiore. Non ti fidare del rovere che a picchiettarlo con le nocche rimanda un’eco di mondi lontani, non ti fidare nel sughero dall’aroma aspro e gentile insieme, non ti fidare dell’odore intenso, del sapore robusto, gioviale, non ti fidare della sua brillantezza che invita a tuffarcisi dentro. Il Brunello ti rimane in testa, nel naso, nel cuore”.
Bevo un altro sorso. Non riesco a non pensare alle sue parole così piene d’amore, celato dietro parole burbere. Non riesco a ricordarmi dove posso aver visto questo signore dai modi spicci, dalle sillabe come lame affilate.
"Non ti fidare di Montalcino. Io ci ero venuto di passaggio, mi ci ero fermato un attimo, giusto per riprendere fiato, cinquant’anni fa. E poi ci sono rimasto tutta una vita”.
Ride, mi dà una pacca sulla spalla. Mi alza. Assomiglia a mio padre. O meglio, sembro io invecchiato. Si alza in piedi, mi guarda, poi mi dice: “Lasciati andare”. Rimango a bocca aperta, bevo un altro sorso. Mi appoggio allo schienale della sedia. Schietto.

Voto 8 

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