Liberamente ispirato a E’ arrivata la felicità di Frank Capra, Oscar 1936 per la miglior regia, Mr. Deeds ne differisce il soggetto ai giorni nostri: il “pizzettaro” di buon cuore Longfellow Deeds, per gli amici semplicemente Deeds, riceve un’inaspettata eredità di ben quaranta miliardi di dollari da uno zio di cui ignorava l’esistenza. Deeds, classico ragazzone di sani principi della profonda provincia americana, uso ad aiutare le vecchiette ad attraversare la strada, si ritrova così catapultato ai piani alti della Grande Mela, nella stanza dei bottoni di un immane impero finanziario, circodato dagli immancabili pescecani e circuito da una bella giornalista in cerca di piccanti scoop sotto mentite spoglie di infermierina. Deeds, che per hobby usa scrivere zuccherosissimi biglietti d’auguri per ogni occasione, passa nel bel mezzo del jet set jewyorchese, impara qualcosa di nuovo, s’innamora, mette al suo posto con rudezza i maleducati di turno, compie perfino qualche (esilarante) impresa eroica per poi rinunciare alla sua straordinaria fortuna per restare se stesso. Un soggetto effettivamente di capriana memoria quello di Mr. Deeds che, nonostante qualche caduta di tono, conduce gli spettatori fino ai titoli di coda regalando qualche sorriso: da segnalare in merito la notte di bagordi passata da Deeds con John McEnroe nei panni di se stesso, lo spassoso salvataggio di una corpulenta signora di colore con i suoi sette gatti da un incendio, lo strano ed inquietante piede nero di Deeds, l’arguto prologo sul vecchio eccentrico zio lanciato verso la cima dell’Everest, l’esilarante cammeo di Steve Buscemi in versione strabica e il felino Emilio, maggiordomo latino con la vena del matador interpretato da un John Turturro bravo come sempre. Non se la cava male neanche Adam Sandler in un personaggio che sembra fatto apposta per le sue corde attoriali. Decisamente godibile la colonna sonora, in cui spiccano U2, Dave Matthews Band, Natalie Imbruglia, Counting Crows, David Bowie e Yes.

Voto 6+