Le parole che non ti ho detto
Angel Eyes
24 ore

Dopo l’inaudito tonfo di Angel eyes il thriller sembrava un genere impraticabile per Luis Mandoki, cineasta messicano di hollywoodiano mestiere e specializzato non a caso in zuccherosi drammoni sentimentali sconsigliatissimi per malati di diabete. Al contrario in questo 24 ore Mandoki sembra aver scelto il thriller quasi per dimostrare a se stesso come il genere con gli opportuni aggiustamenti rientri nelle sue corde filmiche: il che equivale a dire che storia, personaggi ed ambientazione sono stati scelti in modo abbastanza scontato e che il bene alfin vincerà, ma in perfetto ossequio alle regole canoniche del genere – ritmo, azione, suspense, sorpresa, atmosfera –. 24 ore prende avvio con l’attuazione del modello di rapimento messo a punto dai coniugi Joe e Cheryl Hickey con il cugino Vince, un piano di comprovata efficacia che consiste nello sfruttare una momentanea separazione familiare per rapire il bambino di genitori abbienti con villa isolata, ‘agganciare’ marito e moglie e quindi far loro comprendere con le buone o le cattive che sono entrati in un meccanismo a tempo della durata fissa di 24 ore, non un minuto di più né uno di meno, e che la salvezza del piccolo ostaggio dipende esclusivamente dalla loro disponibilità a collaborare in perfetta sincronia con i rapitori. A Joe spetta intrattenere le moglie (solitamente belle), a Cheryl i mariti, mentre Vince, un po’ ritardato, provvede a sorvegliare i bambini, pronto a sopprimerli se Joe non dovesse chiamarlo via cellulare nei tempi convenuti. L’ultimo bersaglio del gruppo è la famiglia Jennings, che per i rapitori, come apprenderemo in seguito, non è normale routine ma un fatto personale. Il rapimento comincia male perché la piccola Abby è asmatica e lo stress della situazione potrebbe costarle la vita: il piano del gruppo continua a far acqua perché la moglie Karen è una donna forte e poco propensa a subire condizionamenti psicologici, come pure il marito Will, un dottore con cui i coniugi Hickey hanno avuto a che fare in una tragica circostanza. Nell’immancabile happy ending la perfetta famiglia americana si riunisce, ma dopo sventure in serie ed attraverso un’escalation di tensione che costituisce la principale attrattiva di 24 ore, un thriller che non difetta di suspense e cattura lo spettatore dal primo minuto ai titoli di coda. Nel complesso un discreto prodotto d’intrattenimento in grado di regalare qualche emozione, soprattutto grazie alla vena del convincente cattivo Kevin Bacon.

Voto 6/7