Un album come No more shall we part piacerà molto, a tutti. Critica e pubblico. E tra questi sia
i vecchi fans dell'epoca Birthday Party che quelli che per la
prima volta incontreranno l'eroe australiano. Cave è riuscito qui a compattare più elementi 'giusti'. Il
ritorno dei Bad Seeds, il 'suo' gruppo, utilizzato più a colorare
ballate pianistiche che a graffiare rock. Il richiamo alla dimensione
maledetta (molto sfumata, ormai, sigh) accompagnato dalla dimensione
redenzione. Sotto il duplice profilo di musica e testi (e la traduzione
in italiano accresce croce e delizia delle liriche attuali). Accanto ad alcuni brani viscerali e devastanti come nella sintesi genetica del
nostro, il disco vede predominare ballate tutt'altro che 'assassine',
waitsiane (e non è dire male), docili e suadenti. Forse anche
un pò melliflue, il che - in una certa prospettiva - non guasta.
Chi ama il vecchio Nick si perderà nell'introduttiva As i sat sadly
by her side, adorerà Fifteen feet of pure white snow
(con una strana eco di 'Profondo rosso' nel riff). Ma è
il genio buono a prevalere e ad ammantare il cd: And no more shall
we part, Halleluiah, la delicatissima Love letter,
God is in the house, We came along this road, Gates
of garden.
Aria compassata, matura. Quasi springsteeniana. Tratti pittorici più sfumati,
arrangiamenti classici e ricercati, tra archi e fiati. Un disco che
potrete proporre senza paure ai vostri invitati.
Voto
8