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Musica dei Popoli 2000
Le Vie dei Canti
XXV edizione
Dedicata a Fosco Maraini e Bruce Chatwin

 




                     di Fabio Norcini


Musica dei Popoli 2001
 Musica dei Popoli 2000
Festival del Film Etnomusicale 2000
 Fosco Maraini


Si chiama "Le vie dei canti": è la venticinquesima edizione di " Musica dei Popoli (a Firenze, dal 15 settembre al 28 ottobre), la rassegna di musica etnica che, come la settimana enigmistica, vanta migliaia di tentativi di imitazione. il festival fiorentino, primo e unico nel suo genere, improntato al rigore etnologico ma anche caratterizzato dall'anticipo con il quale sa individuare talenti a livello internazionale (e' stato il primo a presentare in Europa i Musicisti del Nilo, Nusrat Fateh Ali Kahn, Sahinko, ecc. ecc.) mette stavolta in risalto la vocalità, andandone a scovare le piu' eterogenee espressioni: rituali, sacrali, profane. Dall'himalaya a Bali fino alle isole mediterranee, dal Kurdistan, al Sudamerica, dall'Africa nera ai paesi baschi. con voci divine che, solo per fare qualche nome, corrispondono A Dulce Pontes, Yungchen Lhamo, Luzmila Carpio, Sivan Perwer, Colenso, Jean Paul Poletti.

Canto come sogno, come collegamento con il tutto, prima della nascita e dopo la morte. Unico ponte per l'eterno. E' questo che racconta nelle oltre trecento pagine del suo capolavoro Bruce Chatwin, uno di quei grandi viaggiatori di occidente, cui la poesia ha conferito più doni di intuizione e di penetrazione di tutti i poveri professori armati della misera erudizione. E proprio al canto, con un pensiero particolare a Fosco Maraini (altro splendido turista dell'anima universale) e al suo segreto Tibet nel cui segno inizia e finisce questa edizione, è dedicata Musica dei Popoli 2000. Un immobile viaggio nella fermissima Firenze, sulle ali di corde vocali eccezionali, i cui timbri svariano dai sovracuti dell'usignolo Luzmila Carpio a quelli baritonalmente tempestosi della polifonia zulù dei Colenso, dalle sensuali volute di Dulce Pontes alle aspre combinazioni tuareg; dall'incanto di solitudini tibetane di Yungchen Lhamo alle devozionali armonie delle isole del Mediterraneo.

Un viaggio immenso che partito dal Tibet vi ritorna. Perché, come scrive Maraini "la cadenza veniva data da un canto corale il cui ritornello, sempre lo stesso, era incantevole, tutto mezzi toni strani. Il vento lo portava ogni tanto vicino, poi cambiava la musica, quasi quasi spariva - per tornare infine di nuovo vicinissima e gagliarda. Clé, deliziato, ascoltava. Il canto gli dava una percezione fisica dell'infinito. Canto, carovane, deserti, cielo" ( Fosco Maraini " Case, amori, universi" Mondadori, pag. 343).

Ecco: canto, carovane, deserti, cielo. Potrebbe essere l'altro titolo di questa edizione del festival, con l'aspirazione-presunzione di offrire all'ascoltatore spettatore la percezione fisica dell'infinito. Sul sentiero della eterna via del canto.

"La musica - rispose Arkady - è una banca dati per trovare la strada quando si è in giro per il mondo"
(Bruce Chatwin) da "Le vie dei canti" Adelphi, p. 147

Voto 8 

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