Sembra una fiaba a lieto fine la storia della signorina Joss Stone, all’anagrafe
Joscelyn Eve Stoker, nata
nel 1987 sulle bianche scogliere di Dover: un provino fortunato che le apre le
porte dello show televisivo “Star for a night” della BBC, vetrina ideale per la sua splendida voce,
per conquistarsi un contratto discografico e diventare così una star ad appena
sedici anni con The Soul Sessions, album di cover
interpretate splendidamente da questa teenager cresciuta masticando Otis Redding, James Brown e soprattutto
la grande Aretha
Franklin. Ad appena ventidue primavere la Stone torna a deliziarci con il quarto album in
carriera, sostanzialmente composto di pezzi originali scritti da lei medesima
senza troppa originalità sul fronte tematico, ma
impreziosite da collaborazioni illustri e cantate dalla sua ugola sempre più
intensa e ‘nera’ in tutte le possibili declinazioni. Si comincia ovviamente in
chiave soul con il contagioso singolo Free Me, poi si
continua con una tranquilla ballata rhythm'n'blues
come Could have been youg e la funkeggiante Parallel lines, con la partecipazione del grande chitarrista Jeff
Beck e da Sheila E. A ruota l’album prosegue con l’ombrosa Lady, ballata molto
elegante e fuori dal tempo, quasi un trittico con le successive 4 and 20 –
leggera, briosa ed apparentemente uscita da un punto imprecisato degli anni
Sessanta – e Big 'ol game – altro soul d’annata a
pronta presa, featuring Raphael
Saadiq –. La seconda parte di Colour Me Free! parte
con Governmentalist, il pezzo più intrinsecamente
politico dell’album, con un piccolo indispensabile aiuto del rapper Nas. Nella
coda del disco sono degne di segnalazione Incredible, una bella cover di I believe it to
my soul del mitico Ray
Charles (allietata dal sassofono di David Sanborn),
e l’ultima gemma in programma, la magnifica Stalemate,
intensa da far male e cantata a due voci con Jamie Hartman. Un disco non troppo originale ma la voce della
Stone è davvero da brividi.
Joss Stone, Colour Me Free! [Virgin 2009]
Voto
8