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  29/03/2024 - 10:42

 

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Scanner - musica
 


Diaframma
Federico Fiumani & Co live
Punk e musica d’autore rock
Concerto del marzo 2005 all’Auditorium Flog di Firenze

 




                     di Tommaso Chimenti


Dopo gli 800 paganti nel concerto romano ritorna figliol prodigo e profeta in patria Federico Fiumani con il suo codazzo di fan incalliti che lo seguono imperterriti da oltre venti anni incuranti delle mode e del trend, dei cambiamenti e dell’elettronica.

Nei testi di F.F. si predilige ancora lo schitarramento accompagnato alle corde dei sentimenti, unione non semplice, accostamento difficile e pericoloso.

Ma Federico è un poeta prestato alla musica ed i suoi versi sono stati per anni e per due generazioni icone da trascrivere su diari, dedicare, scrivere sulle mura della città.

Gli anni passano ma le certezze rimangono; il ciuffo ribelle è ancora lì, un po’ più lungo sugli occhi quasi a celare il sorriso delle pupille quando guarda il “suo” pubblico fiorentino, che ancora lo ama e lo stima.

Si comincia con le note delle canzoni dell’ultimo album, freddino l’impatto con soltanto qualche scalmanato che grugnisce le parole colme di quella rabbia punk- rock che forse è andata scemando dagli ’80 ad oggi confusa da telefonini, grandi fratelli e benessere fintamente diffuso.

Poi è tutto un susseguirsi di emozioni e palpitazioni e la nostalgia della New Wave e dell’underground puro dei garage fiorentini, con i Neon ed i Litfiba agli albori, ritorna cocente: “Amsterdam” apre le danze ed il pogo piano piano si allarga e diventa costume di massa dentro l’Auditorium Flog strapieno, “Fiore non sentirti solo” è la spallata romantica nell’acustica pessima del cemento dell’ex Paramatta.

“Oceano” taglia le gambe agli ultimi impassibili, “c’è un oceano che esplode nella mia testa, un colore più forte che illumina il giorno”, urlato a squarciagola con le dita al cielo, i gomiti alti e le ascelle sudate, “L’odore delle rose” ristabilisce le distanze tra l’amore e la perdita dello stesso.

Seguiranno, in un altalenante rondò melò, “Io amo lei” straziante, “Blu petrolio” nella sua camicia a righine sottili, un “Gennaio” d’altri tempi, pietra miliare, fino ai bis, “Verde” di rammarico, “Labbra blu” con il cuore appeso su di un precipizio, “Diamante grezzo” la più bella dichiarazione d’amore, altro che Prevert.

Peccato che non ci sia stato il tempo per “Siberia”, “Caldo” o “Boxe”, per “Luminosa innocenza” o “Il ritorno dei desideri”, per “Voce che chiami”, “Un temporale in campagna” o ancora “Siberia”.

Ma per suonare tutte le sue note magiche naif, cantandole con la sua voce, anche stonata e se vogliamo sgraziata, non sarebbero bastate ore e comunque non sarebbero state sufficienti ai suoi fedelissimi che aspettano con ansia ogni anno il concerto fiorentino per abbeverarsi di ciò che erano, per tornare ragazzi con qualche capello in più e molte delusioni in meno.

Voto 8 

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