Il giovane "Slowhand" e il già affermato maestro del blues si erano già incontrati qualche decennio fa ma non avevano mai inciso un album insieme: il vuoto è stato coperto di recente con Riding with the king. Nel 2000 Eric Clapton è un tranquillo 55enne sempre sulla cresta dell'onda, soprattutto da quando, prima con lo splendido album acustico Unplugged, poi con l'incredibile From the cradle, non è tornato al suo vecchio amore, il blues. E, trattando di blues, bisogna ammettere che sulla carta per un vero appassionato del genere è impensabile immaginare qualcosa di meglio di un'accoppiata tra Clapton e B.B. King, altro splendido 74enne che da oltre mezzo secolo continua imperterrito a professare il suo amore per il blues. Ci sarebbe anche il vecchio ma sempre valido Johnny Lee Hooker, nume ancestrale del genere, ma sotto il profilo chitarristico Riley B. King in arte B.B. King (da Blues Boy, nomignolo affibbiatogli in una trasmissione radiofonica del 1949) rientra a pieno titolo al rango di leggenda, accostabile forse solo a Elmore James per gli incredibili livelli di virtuosismo ai quali è assurto con Lucille, la sua inseparabile Gibson. Riding with the king presenta complessivamente dodici brani sui quali le chitarre (e le rispettive voci) di Clapton e B.B. King scivolano comunicando sempre semplicità ed una naturale intesa, anche perché i due sono efficacemente supportati da un'ottima band: gente del calibro di Andy Fairweather Low e Doyle Bramhall II alle chitarre, Nathan East al basso, Steve Gadd alla batteria, Joe Sample e Tim Carmon alle tastiere ed all'organo Hammond, e infine coriste del livello delle sorelle Susannah e Wendy Melvoin (meglio note come Wendy & Lisa). L'attacco è quasi programmaticamente affidato alla title track di John Hyatt, datata 1980, che parte con un contagioso riff per poi svilupparsi in crescendo in direzione di gioiose contaminazioni rhythm'n'blues. La maggior parte dei brani sono scelti dal repertorio di B.B. King, e con molto gusto, peraltro: si comincia con Ten long years, morbidamente carica di groove, poi arriva anche il primo grande successo di B.B., ovvero Three o'clock blues, ravvivato da un Clapton in grande spolvero, seguito a ruota da Help the poor (con la special guest di Jimmie Vaughan) e infine dalla roboante swing di Days of old e dall'irresistibile When my heart beats like a hammer. Dal repertorio di "Slowhand" arrivano un paio di covers che lasciano il segno: la prima è un classico firmato da Big Bill Bronzy negli anni Trenta, Key to the highway, la seconda è l'intensa Worried life blues di Maceo Merryweather. Splendido anche il brano conclusivo della track list, Come rain or come shine, davvero suggestivo: va a finire che Riding with the king si presenta come un album perfetto, con un solo paio di indecisioni 'moderniste', mal sospese tra un blues energico e il rock, ovvero Marry you e I wanna be, un po' stridenti col contesto, come risulta piuttosto spenta la cover della vigorosa (almeno nella versione originale di Sam & Dave) Hold on I'm coming. Un disco che, nel complesso, mantiene le attese grazie al limpido talento dei due mostri sacri.

B.B. King & Eric Clapton, Riding with the king [ Reprise 2000]

Voto 7½