Arezzo wave 2002
Arezzo wave 2002 II sera
Arezzo wave 2002 III sera
Arezzo wave 2002 IV sera
Arezzo wave 2002 V sera
Word Stage con Lucarelli
Ekova, Space lullabies....and other Fantasmagore
Ani Difranco, Up up up up up up
Dandy Warhols, Thirteen tales from urban Bohemia
Libera da tutto e da tutti. Una precisa sensazione che si percepisce ascoltando la musica di Ani e che la rende un'artista speciale. Compone e canta quello che le passa per la mente, con lo stesso piglio nervoso ma rilassato sia che racconti dell'ultima chiaccherata con il migliore amico o lo sdegno per l'ultimo squallore incontrato per strada o ascoltato sotto la doccia nelle news. Oppure l'ultimo viaggio verso l'avventura, diretta chissà dove, senza pensieri. L'arte che è vita quotidiana, o viceversa.
Le regole le pone lei. Non a caso, ha un'etichetta discografica propria, la Righteous Babe, fondata unicamente per se, per non avere scadenze contrattuali da rispettare, per poter incidere e pubblicare un album ogni volta che LEI vuole. Cioé sempre. "Up Up Up Up Up Up" è il dodicesimo della serie in nove anni(!), a breve distanza dal precedente fortunato "Little Plastic Castle". Eppure non c'è traccia di egoismo, snobismo o presunzione in Ani DiFranco. E' una sua dimensione naturale, positiva, perfino contagiosa. L'incredibile è che questo suo modo di essere non si riesce a scalfire. Come provi ad appropriarti di Ani e ne fai l'immagine-riferimento di qualcosa di preciso ti accorgi di esserti sbagliato, il simbolo di quello che hai in mente non è lei. Oppure lo è, ma non nel senso che credevi. Pure peggio, per chi ha necessità di identificazioni.
E questo accade anche solo limitandosi alla musica: Ani è la nuova principessa del folk? Chi lo ha pensato (prima tra tutti la stampa specializzata) si è dovuto ricredere. Ani non è catalogabile, e la conferma forse definitiva si ha con questo nuovo "Up Up Up Up Up Up".
Il nuovo album si differenzia - e non poco - dal precedente Little Plastic Castle. Diverse atmosfere, diversi ritmi, diverso mood e molta voglia di ampliare il modello 'folksong' di partenza spaziando tra funky, jazz, blues e psichedelia in una sintesi originale. Ciò è possibile anche e soprattutto grazie alla presenza stabile nell'organico dei musicisti della tastierista Julie Wolf, che arricchisce il suono di nuovi colori, meno scarno ed essenziale di come era in passato. E non è solo effetto di sala di incisione; l'abitudine a costruire i brani con i propri fidi musicisti (gli altri componenti della "band" sono i soliti noti Jason Mercer e Andy Stochansky) li rende fin dall'inizio musicalmente più complessi e sfaccettati. I segnali più innovativi nella autobiografica Virtue, in Jukebox, Angel food, nella stessa Up up up up up up. E, soprattutto, nella lunga, stravolta e affascinante Hat shaped hat: dodici minuti di imperdibile frenetica improvvisazione circolare.
Voto
8