Il tratto di megalomania presente in tutti noi, artisticamente solo
un poco più accentuato, trova la sua realizzazione in questo splendido
Higher Planes (Kitty-Yo / Wide).
Jimi Tenor ci propone un’opera meditata
e costruita nell’arco di oltre due anni iniziati con la fine – alieno tra
gli alieni? – del legame con Warp
ed intervallati dall’ottimo album lo-fi Utopian Dream, ritorno di
fiamma con la sua prima label Sähkö.
Higher Planes è comunque un’opera figlia dell’ultimo
album pubblicato per l’etichetta di Sheffield, Out Of Nowhere, costruita
pazientemente per emulare una dimensione di arrangiatore e direttore d’orchestra
degna di un Burt Bucharach alle prese con un perfetto crossover di soundtrack
blaxploitation e teleserial anni settanta europeo alla Peter
Thomas. Il soul e la fusion sono sempre stati nell’anima di Jimi e
la smania di dirigere l’orchestra è testimoniata dalle recenti sue
produzioni con la Impostor Orchestra (l’album è Heliopause,
sempre per Sähkö del 2000), così come sempre palesi sono
stati il suo occhio adorante il mito hendrixiano e la punta d’invidia per
il Principe di Minneapolis.
Il risultato è stupefacente. Assecondato al meglio dalla UMO
Jazz Orchestra, Jimi sciorina
una sequenza di brani mozzafiato che cominciano con la difficile (da eseguire
per fiati e coristi) "Cosmic Drive" proseguono lascivamente in "Higher
Planes", inseguno spie in "Trumpcard", siglano il sabato sera di "Good
Day", omaggiano EWF ("Black Hole" e "Let The Music"), Prince ed Hendrix
("Tapiola") e perfino il notturno jazz ("Expatriot") per concludere in
un bacharachiano "Stargazing". Probabilmente Higher Planes rappresenta
l’opera più complessa, ardita ed anche in fin dei conti più
riuscita e completa di uno di quegli artisti un po’ folli e semplicemente
complicati, nei modi e nei suoni. Se questo è il risultato, ben
vengano!
(pubblicato sul numero di Gennaio '03 di Rockerilla)
Voto
9