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Le torri trasparenti
di Giacomo Fanfani
Ideazione e regia di Fulvio Cauteruccio, costumi di Umberto D’Arcangelo. Con Laura Bandelloni, Irene Barbugli, Daniele Bartolini, Francesca Cipriani, Irene Mirabedini, Lorella Serni
Alla Fabbrica Signorini di Firenze il 15 e 16 dicembre 2007

 




                     di Giovanni Ballerini


Le torri trasparenti, di Giacomo Fanfani, presentazione dello spettacolo ideato e diretto da Fulvio Cauteruccio, 2007
Le torri trasparenti, di Giacomo Fanfani, recensione dello spettacolo ideato e diretto da Fulvio Cauteruccio, 2007


Biscotti, praline, Vin brulè, punch al mandarino e cioccolata calda, tanto per riscaldarsi un po’ e poi tutti in fila fra funghi a gas e corridoi per entrare allo spettacolo teatrale allestito nella Fabbrica Signorini.

A dispetto del trend attuale, legato in Italia a una spasmodica (e pedissequa) rilettura dei classici, finalmente è stato portato in scena un testo di un giovane e promettente autore fiorentino, che non ha paura di esprimersi su argomenti diffici: La stupidità della guerra, l'ottusità di certo atteggiamento religioso, l'Occidente che fagocita e l'Oriente che esplode. E Giacomo Fanfani ha avuto la sua piccola grande rivincita, insieme a Fulvio Cauteruccio, che nelle vesti di scrupoloso regista (ottimo ancora una volta anche fuori dalla tana Krypton) è riuscito a galvanizzare e ben motivare un gruppo di giovani attori a immedesimarsi nell’intrigante testo di Fanfani.

L’occasione è stata offerta da “Le torri trasparenti”, uno spettacolo diretto e avvincente, come una storia contemporanea declinata su un presente – futuro prossimo incombente, un luogo mentale in cui le tensioni di oggi vengono acuite, messe in chiaro.

Sicuramente anche la location ha aiutato, ma l’idea di fare, come negli anni 70 e 80, una performance in un posto non deputato, riporta alla mente la libertà espressiva, lo piazzamento visuale di quel teatro d’avanguardia metropolitano che, da quando è tornato di moda il teatro di testo, viene ormai, come dicevamo, a torto sempre meno frequentato.

L’allestimento, minimale, ma efficace, ha aiutato lo spettacolo a entrare in sintonia con la platea. L’ambiente, già di per sé vissuto della fabbrica, è stato caratterizzato da 20 stufe alogene bimar Granluce posizionate in cerchio, davanti ai posti a sedere, anche questi disposti in cerchio intorno alla scena. Le piccole stufe, oltre a illuminare e riscaldare gli spettatori, si sono trasformate in una barriera ideale, che ha delimitato e dato concretezza allo spazio scenico. Un aereo giocattolo arriva. In un simbolico gioco di specchi e di riferimenti ai protagonisti (1, 2, 3, 4, 5 e la madre) corrispondono altrettante Barbie poste anch’esse in cerchio (sopra il numero corrispondente al personaggio), nel mezzo dello spazio.

Giocattoli e personaggi in un continuo scambio di ruoli per raccontare una vita sempre più plastificata, sempre meno incline ai sentimenti. Un’esistenza in cui i rapporti interpersonali, anche fra fratelli sono sempre al limite, mentre quelli della madre con i suoi figli dimostrano le sue gerarchie (rigide) anche negli affetti. 1, 2 e 3 (sono questi i nomi delle sorelle) hanno personalità e fisicità scattante, meno mobile, più candida, anche mentalmente, la quarta sorella (4) che viene da lontano e sta per sposarsi. In conflitto fra poesia e realtà, fra verità e illusione 5, il fratello, un po’ eroe, un po’ incompreso un po’ pecora nera, un po’ capro espiatorio.

Bravi questi giovani attori. In buona sintonia sincretica le tre sorelline terribili, mentre 5, anche se urla un po’ troppo, diventa trascinante quando abbassa i toni e si lascia prendere dall’ebbrezza del movimento. Diverso, giustamente, l’approccio di 4 e della madre che, per contrasto, impersonano i due personaggi più terreni e riflessivi.

Tutte le figure sono stereotipi contemporanei, sia in versione sportivo – replicante (ma più che Blade Runner, vengono in mente telefilm alla Star Trek o i primi film di fantascienza), sia in versione disco – chic, le giovani attrici appaiono a loro agio. Del resto la storia creata da Giacomo Fanfani per l'occasione, calza benissimo addosso ai personaggi. Testo e movimento si integrano. E ogni dialogo si trasforma in un incontro - scontro deflagrante fra i protagonisti. Poesia metropolitana sul finale, con neon e lacci, che legano 5, lo trattengono e lo mettono in contatto con l'edificio. Come per ricaricare le emozioni o forse più semplicemente per disintegrarsi. Intanto l'aereo giocattolo riparte per altri lidi

Voto 7 ½ 

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