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Archètipo
Spoon River 2007
Antologia di Edgar Lee Masters, regia Riccardo Massai
Domenica 7 ottobre 2007 alle 16,30 al Cimitero Monumentale delle Porte Sante Basilica Di S. Miniato, Firenze

 




                     di Tommaso Chimenti


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Le statue tornano a muoversi, le lapidi si aprono, i mausolei tornano a vivere. A ciclo continuo si animano le tombe ed i loro personaggi. Memorie universali quelle di Spoon River, riprese da Riccardo Massai, che domenica 7 ottobre 2007 alle 16,30 al Cimitero Monumentale delle Porte Sante Basilica Di S. Miniato, Firenze ha riproposto la performance collettiva che tanto successo riscosse domenica 12 novembre 2006 al Cimitero Monumentale della Misericordia di Santa Maria all’Antella.

Anime che chiedono salvezza, perdono, un po’ di quell’ascolto che gli è stato negato in vita. Hanno voglia di raccontarsi, come un disco rotto, nelle stesse sequenze e movenze, come intercalare di un tempo nel tempo, una parentesi lasciata aperta, puntini di sospensione di un discorso frammentato. E si concedono, con i volti di trentasette attori nostrani (con fiocco rosso pro Birmania), alle braccia del pubblico itinerante protetti dall’eternità, da un lato, e del sepolcro freddo dietro di loro come cani alla catena, legati ad un elastico. I loro difetti, limiti e frustrazioni trovano ancoraggio e riparo nello spettatore che rivede, a specchio, punte di passato, iceberg di dolore personale. Un percorso che è una via crucis di tentazioni, in bilico tra il bene e il male, soprattutto di sconfitte, di estreme cadute, di lente e faticose risalite, di destini infami e infausti. Da una tomba all’altra si dimenticano i cipressi, i mausolei, le voci degli attori che si sovrappongono. E si scorge la tomba di Odoardo Spadaro, ricordato con “un bacione a Firenze” inciso, ci si imbatte in quella di Giovanni Papini, vicino alla postazione di Alessandro Riccio, la cappella di Stibbert, dove recita Alessio Sardelli, quella di Enrico Coveri, accanto a Italo Dall’Orto, con charme rubacuori da “Piccolo Principe”. Non dormono più sulla collina, come declama Carlo Monni (con tifo da stadio attorno), ma, finalmente, come marionette senza i pesanti fili della vita che ha deciso per loro ruoli e pene e punizioni, si animano improvvisamente per poi cadere in un piccolo sonno di stasi, un fermo immagine immobile per poi riprendere il piccolo tratto di vita e rifarsi carne in mezzo ad altra carne, tornare a poter toccare con mano la terra e di nuovo afflosciarsi come vestiti di scena dopo la prima. In lontananza si percepiscono i cori dei tifosi della Fiorentina, che ha appena pareggiata con l’odiata Juventus. Gli attori personalizzano le pagine di Edgar Lee Masters: Maria Cassi, l’ottico, intona vocalismi lirici evocativi, Fulvio Cauteruccio, l’indignato, chiede spiegazioni e vuole una seconda chance, Daniel Dwerryhouse, in doppia lingua, Massimo Grigò, il dottore, ha la sua solita voce profonda e sontuosa, così come Amerigo Fontani, non manca il rocker Riccardo Ventrella sempre incisivo, esalta Marco Zannoni che riecheggia potente. Bravi anche Teresa Fallai, energico Francesco Mancini, puntuale Massimo Salvianti, intenso Alberto Severi, Giusi Merli, decisa Piera Dabizzi, Elena D’Anna, Sabina Cesaroni, con occhiali da Wertmuller, Fabio Baronti.

Voto 8 

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