Associazione Archètipo : La Principessa Bianca, recensione dello spettacolo, regia di Riccardo Massai, 2010
Associazione Archètipo : La Principessa Bianca, presentazione dello spettacolo, regia di Riccardo Massai, 2010
Associazione Archètipo : Blu (nello spazio di un respiro), regia di Riccardo Massai, 2009
Associazione Archètipo : Spoon River di Edgar Lee Masters , regia di Riccardo Massai, 2007
Associazione Archètipo : Le Baccanti di Euripide, regia di Riccardo Massai, 2007
Associazione Archètipo : Spoon River di Edgar Lee Masters , regia di Riccardo Massai, 2006
Associazione Archètipo : Il mercante di Venezia di William Shakespeare, regia di Riccardo Massai, 2006
Associazione Archètipo : I Savoiardi, regia di Riccardo Massai, 2005
Associazione Archètipo : Battaglia nel Nero di Roland Topor, regia di Riccardo Massai, 2005 - 2006
Associazione Archètipo : Macbeth di William Shakespeare, regia di Riccardo Massai, 2004
Le statue tornano a muoversi, le
lapidi si aprono, i mausolei tornano a vivere. A ciclo continuo si animano le
tombe ed i loro personaggi. Memorie universali quelle di Spoon
River, riprese da Riccardo Massai, che domenica 7 ottobre 2007 alle 16,30 al Cimitero
Monumentale delle Porte Sante Basilica Di S. Miniato, Firenze ha riproposto
la performance collettiva che tanto successo riscosse domenica 12 novembre 2006
al Cimitero Monumentale
della Misericordia di Santa Maria all’Antella.
Anime che
chiedono salvezza, perdono, un po’ di quell’ascolto
che gli è stato negato in vita. Hanno voglia di raccontarsi, come un
disco rotto, nelle stesse sequenze e movenze, come intercalare di un tempo nel tempo, una parentesi lasciata aperta, puntini di sospensione
di un discorso frammentato. E si concedono, con i
volti di trentasette attori nostrani (con fiocco rosso pro Birmania), alle
braccia del pubblico itinerante protetti dall’eternità, da un lato, e del
sepolcro freddo dietro di loro come cani alla catena, legati ad un elastico. I
loro difetti, limiti e frustrazioni trovano ancoraggio e riparo nello
spettatore che rivede, a specchio, punte di passato, iceberg di dolore
personale. Un percorso che è una via crucis di tentazioni, in bilico tra il
bene e il male, soprattutto di sconfitte, di estreme
cadute, di lente e faticose risalite, di destini infami e infausti. Da una
tomba all’altra si dimenticano i cipressi, i mausolei, le voci degli attori che
si sovrappongono. E si scorge la tomba di Odoardo Spadaro,
ricordato con “un bacione a Firenze” inciso, ci si imbatte in quella di Giovanni Papini,
vicino alla postazione di Alessandro Riccio, la cappella di Stibbert,
dove recita Alessio Sardelli, quella di Enrico
Coveri, accanto a Italo Dall’Orto, con charme rubacuori
da “Piccolo Principe”. Non dormono più sulla collina, come declama Carlo Monni
(con tifo da stadio attorno), ma, finalmente, come
marionette senza i pesanti fili della vita che ha deciso per loro ruoli e pene
e punizioni, si animano improvvisamente per poi cadere in un piccolo sonno di
stasi, un fermo immagine immobile per poi riprendere il piccolo tratto di vita
e rifarsi carne in mezzo ad altra carne, tornare a poter toccare con mano la
terra e di nuovo afflosciarsi come vestiti di scena dopo la prima. In
lontananza si percepiscono i cori dei tifosi della Fiorentina, che ha appena
pareggiata con l’odiata Juventus. Gli attori personalizzano
le pagine di Edgar Lee Masters: Maria
Cassi, l’ottico, intona vocalismi lirici evocativi,
Fulvio Cauteruccio, l’indignato, chiede spiegazioni e vuole una seconda chance, Daniel Dwerryhouse, in
doppia lingua, Massimo Grigò, il dottore, ha la sua
solita voce profonda e sontuosa, così come Amerigo Fontani,
non manca il rocker Riccardo Ventrella sempre
incisivo, esalta Marco Zannoni che riecheggia
potente. Bravi anche Teresa Fallai, energico Francesco
Mancini, puntuale Massimo Salvianti, intenso Alberto
Severi, Giusi Merli, decisa Piera Dabizzi, Elena
D’Anna, Sabina Cesaroni, con occhiali da Wertmuller, Fabio Baronti.
Voto
8