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  28/03/2024 - 15:33

 

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Le pareti della solitudine
Progetto drammaturgico e regia di Massimo Luconi
Dall’opera di Tahar Ben Jelloun, scene Jaume Pensa, musiche live Maly Dialy Cissoko, Mirio Cosottini, costumi Paola Marchesin, luci Roberto Innocenti, con Fernando Maraghini
Al teatro Fabbricone di Prato dall’8 al 16 aprile 2003

 




                     di Giovanni Ballerini


Il tema della solitudine e dell’estremo malessere nello scontro tra differenti culture è alla base del lavoro che il regista Massimo Luconi propone dall’8 aprile al 16 aprile 2003 al teatro Fabbricone di Prato. Si chiama Le pareti della solitudine ed è ispirato al romanzo/saggio che Tahar Ben Jelloun ha realizzato con un linguaggio simbolico e poetico tra il 1975 e il 1976. la storia nasce dall’esperienza che Jelloun ha avuto come psicologo in un centro di accoglienza per immigrati a Parigi.

<>La struttura narrativa dello spettacolo riprende e sviluppa in forma poetica, non realistica i temi al centro del romanzo di Tahar Ben Jelloun, ma accanto al progetto drammaturgico Luconi sviluppa, con la consueta intensità, un percorso, quello sonoro. In questa nuova sperimentazione di teatro musicale la musica e il canto sono di Maly Dialy Cissoko, uno straordinario musicista senegalese che vive da alcuni anni in Italia. Dal vivo anche la tromba di Mirio Cosottini, che con i suoi interventi contribuisce a dilatare poeticamente la valenza sonora della parola.

I costumi sono di Paola Marchesin, le scene di Jaume Plensa, uno dei più significativi artisti contemporanei. Plensa cura la scenografia con un allestimento che sfrutta gli ampi spazi del contenitore Fabbricane. La scena è caratterizzata dall’opera Freud’s children (2001) in alluminio, gesso, pompa per acqua. Nell’installazione di Plensa, l’artista riesce a coniugare tecniche tradizionali con materiali altamente innovativi ritrovando quella sensibilità originaria e quelle sue radici legate alla civiltà africana. Il risultato è di una intensità tragica: il silenzio e il buio avvolgono l’opera, si entra con una piccola torcia in mano. E subito colpisce il delicato gocciolio d’acqua, in un secondo momento il fascio di luce viene attratto verso la fonte del suono. Il tutto in una catarsi che induce al ricongiungimento alla propria memoria, all’invisibile.

Voto 7 

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