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Scanner - interview
 


Massimo Luconi
Riflette sul teatro musicale
Speciale convegno Musiche in scena, teatro musicale, convegno per un nuovo teatro musicale
Al Teatro Studio di Scandicci, sabato 29 marzo 2003

 

                      di Giovanni Ballerini



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Nel 1985 propose a un giovane e già affermato gruppo rock fiorentino, di scrivere la "storia sonora" di uno spettacolo teatrale e di partecipare, dal vivo, alla rievocazione onirica di quell'incontro fra suono e parola. Gli esordi di Massimo Luconi (dalla stagione 2002-2003 direttore del Teatro Metastasio Stabile della Toscana) si legano ai Litfiba, che il regista coinvolse attivamente nello spettacolo "Il compagno dagli occhi senza cigli" tratto da G. D'Annunzio. Il percorso drammaturgico di Luconi prosegue con altre contaminazioni fra palcoscenico e sale di registrazione: "Mercier e Camier" di Beckett, ancora D'Annunzio con "Il Notturno" e "Chaka", con un vitale ensemble di musicisti africani, che in seguito si evolve grazie all'incontro con altri musicisti senegalesi a Dakar. Nel teatro di Luconi, che nel maggio 2003 debutta con "Le pareti della solitudine", un progetto drammaturgico e ideazione scenica ispirati all'opera di Tahar Ben Jelloun (con Fernando Maraghini, Maly Dialy Cissoko, Mirio Cosottini) da sempre sono presenti sperimentazioni musicali, radio, video. Ma soprattutto una riflessione sul rapporto dinamico fra parola e musica. Un modo interessante per esplorare la babele del presente, il possibile futuro dei linguaggi teatrali.

E' importante fare il punto sul teatro musicale?
Certo. In Italia si parla molto di musical, ma pochissimo di quelle che sono le tradizioni della musica rispetto alla scena. Mi sembra importante, anche a livello filologico, capire cosa sia il teatro musicale, ripercorrere e capire quale è lo stato dei nuovi linguaggi rispetto al teatro degli ultimi decenni.
Anche tu hai iniziato con degli spettacoli in cui la musica era molto presente…
Sì e ho continuato a fare spettacoli in cui la musica dal vivo si trasforma in un elemento drammaturgico, narrativo. Ho iniziato a metà degli anni Ottanta con "Il compagno dagli occhi senza cigli" e i Litfiba che suonavano e recitavano in scena, fino ad arrivare a proporre un teatro musicale dedicato a un'opera quasi classica, un'Ecuba di Malipiero che è l'antesignano del teatro musicale. Un genere completamente diverso dal teatro lirico.
Soprattutto nel rapporto fra musica e parola?
Nel teatro musicale la musica non accompagna la parola e non la richiede, ma è un elemento e vive in maniera paritaria rispetto alla parola. E contemporaneamente la parola ha in dei momenti la sua logica complementarietà nella musica. Non c'è una dicotomia, è un progetto alchemico che deve essere sperimentato, mentre nell'opera lirica normalmente c'è uno spartito o comunque si parte da un concetto musicale per costruire una storia.
Il nuovo teatro si nutre di interdisciplinatorietà?
Certo. Il teatro già di per sé, a partire dal ruolo dell'attore, è una forma piena di sedimentazioni. Poi c'è il pubblico che è un altro elemento che interviene (nel teatro greco o elisabettiano era fondamentale), come un elemento in più, l'incognita del fare teatro.
Come vivi il rapporto fra musica, teatro, tecnologie e arti visive?
I miei spettacoli sono interdisciplinari, ma è sempre stata presente anche la parola, il rapporto fra l'uso del corpo e della voce. Rispetto ad altre strade più estreme, ho sempre puntato sull'elemento basilare della recitazione, anche non tradizionale. La mia è insomma un'esperienza teatrale, dove ho inserito anche altri elementi. Fra questi anche la sperimentazione di spazi non convenzionali, che diventano spazio scenico con l'esperienza teatrale.
Quale è il livello attuale del teatro musicale?
Ci sono esperienze di grandissimo fascino che non sono ancora arrivate a compimento. Paradossalmente molte di queste si avvicinano (e quindi fanno il verso) al musical. Nonostante esperienze storiche, come quella dei cantastorie, non abbiamo trovato ancora un codice significativo, una sintesi valida da cui partire per un vero teatro musicale. La sperimentazione quindi continua. Ma questo è anche positivo.

Voto 7 

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