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Ricci/Forte
Troia’s discount
Drammaturgia Ricci/Forte, regia Stefano Ricci. Con Chiara Cicognani, Giuseppe Sartori, Anna Gualdo, Fausto Cabra, Alberto Onofrietti, foto di Alvise Nicoletti
Visto il 19 marzo 2011 al Teatro Palamostre di Udine

 




                     di Tommaso Chimenti


Ricci/Forte, Macadamia Nut Brittle, 2010
Ricci/Forte, Macadamia Nut Brittle, 2011
Ricci/Forte, presentazione Grimmless, 2011
Ricci/Forte, recensione Grimmless, 2011
Ricci/Forte, Troia’s discount, 2011
Ricci/Forte, Wunderkammer Soap # 1_Didone, 2011


"Fai scialo diletto mio delle tue cosce, fai scialo amante mia delle tue braccia, il vino scorra a sangue nei crateri, noi gusteremo il giorno, un giorno ancora, brucia Troia, come io brucio per te. Per gli anni tuoi abbracciati nell’assedio, per i giardini tuoi favi di miele, i denti mordano la terra nera, noi gusteremo il giorno, un giorno ancora”. (Vinicio Capossela, “Brucia Troia”)
Le macerie dove galleggia la nostra quotidiana Troia sono visibili. Indelebili. Se le portano addosso questi nuovi eroi (“son tutti giovani e belli”) contemporanei. Se volete post-moderni. Hanno nomi da battaglia epica, anche se tutto ruota intorno ad un amore spasmodico ed appassionato, avvincente e distruttivo di due ragazzi di vita, sbandati di periferia. Li possiamo chiamare Eurialo e Niso. Oppure no. L’Eneide è un pretesto di forma. E di formalina. Due personaggi marginali in Virgilio, qui esaltati. Un Paolo e Francesca in salsa omosex, da cuori disegnati sul muro come lucchetti sul Ponte Milvio. Un’ultima notte in questa città di luci e corsie dove pubblicizzare il proprio prodotto. Una valanga le parole di R/F (in questi giorni una mostra di scatti fotografici li celebra a Trieste) che ci investono in un monologo a due voci graffiante come scorie, che gratta le croste e gli scarti del consentito e s’incanala dove non c’è più via d’uscita. Un linguaggio slangato, slargato, sgangherato da hip hop sformato, splatter tarantiniano o deformato da Fight Club (non è un caso che il prossimo loro lavoro sia su Palanhiuk), un decathlon per gli attori. Un amore devastato che ha come unica salvezza la sparizione, la dissoluzione, la sua negazione o la sua eternità in un puff di nuvola, di polvere alzata e stuprata. I due giovinetti (Cabra e Onofrietti sono complici e freschi, diretti e scattanti: una bella sorpresa) si rincorrono alternando paure e slanci, giochi da bulli coatti, pieni di energie e di spirito di rivolta, di ribellione giovanile, pentole a pressione pronte all’azione, allo scoppio, alla detonazione. I carrelli della spesa a grate d’acciaio vuoti in scena sono gabbie e chiusure, ma anche pance di consumatori che si devono riempire per svuotarsi nuovamente per poi ritornare ad abbeverarsi nel centro commerciale, nel discount, dove le vite a sconto (e scontate) vengono vendute al miglior offerente su banchi luminosi e sotto insegne accattivanti, fino alla consolazione-attrazione, fino alla depressione-repulsione. Carrelli come cavalli al Palio, dietro la bava del canapo tirato orizzontale o corrida di macchinine a scontro del Luna Park. Un luogo-non luogo dove snocciolare il proprio “rosario da outlet”, sgranare il “lifting delle emozioni” come fagioli secchi della tombola natalizia. Non solo i due ragazzini incendiari e bombaroli dinamitardi amanti della molotov (“questo amore è una camera a gas, è un palazzo che brucia in città, è una bomba all’hotel”) ma nel gioco delle parti entrano anche il sempre tonico Didone-Sartori, sempre in tacco dodici da signorina con il cartello tra un round pugilistico e l’altro, qui anche con flebo di liquame nero con le rotelle, la lancinante Creusa-Gualdo, casalinga disperata con asse da stiro sotto braccio come surfista californiano, la salmastra Lavinia-Cicognani (il suo gruppo è Korekanè) corpo del reato! Sono litanie profane quelle che decantano bestemmiando ora l’amore adesso l’odio in un miscuglio linfatico che tocca Lady Gaga, che minaccia con la pistola spara prezzi al ritmo del reggaeton Gasolina in un’energia orgiastica da red bull o con quella delle bolle di sapone. Siamo oggetti comprati in maniera compulsiva per riempire una vita vuota. Tra Eros e Tanathos finisce ancora in parità. Non si annullano, si esaltano.

Voto 8 

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