Simone Togneri, Cose da non dire
Simone Togneri, Dio del Sagittario
E' giovane ma
sa quel che fa. Secondo romanzo in due anni per il lucchese
di Barga Simone Togneri. Lucchese si ma sia nel suo primo libro “Dio del
Sagittario”, uscito per le edizioni Età dell’Acquario, sia in quest’ultimo
“Cose da
non dire” (240 pag, 16 euro, per i tipi della Lindau) Firenze è
molto presente, cupa e desolata in un agosto torrido, bella ma fredda,
scostante come una bella donna con l’abito lungo che non si lascia facilmente
avvicinare. Le puoi sorridere già sapendo che non riceverai che uno sguardo
algido e senza luce. Ecco la città di Dante per Togneri che
conosce bene l’Arno ed i suoi vicoli, le pietre sbeccate, gli angoli bui e le
strade senza sfondo essendosi qui diplomato all’Accademia delle Belle Arti in
Pittura quella che usciva prepotente nella sua prima pubblicazione. Il canovaccio
regge, la scrittura è pulita e le pagine scorrono in fretta. Si ha voglia di
sfogliare per arrivare a dipanare il mistero. Che invece ad
ogni passo s’infittisce. L’attacco è un vero e proprio thrilling: una
telefonata nella notte, un uomo insospettabile viene
coinvolto in un omicidio. Per fortuna non il solito
commissario o ispettore con occhiaie, sigaretta, separato dalla moglie e
impermeabile anche d’estate. Insopportabile quanto vincente, scaltro e senza
macchia. Un uomo medio, o un mediocre, che si trova nel posto
sbagliato al momento sbagliato. Sembra di essere immersi in un grande
errore giudiziario, un abuso di potere dal sapore kafkiano de “Il Processo”. Tutto
sembra contro di lui ma il lettore non può far altro
che schierarsi al suo fianco. Accanto al perdente per
antonomasia, allo sconfitto nella giungla naturale della vita. Potrebbe
averlo incastrato il maresciallo che sembra covi un
odio imperituro, atavico ed irrazionale nei suoi confronti, l’amica del cuore
della fidanzata, l’eterno nemico compagno di classe alle scuole medie,
l’avvocato amico fraterno che tenta di salvarlo, il padre fuggito anni prima,
la gelosia della segretaria. Sangue chiama sangue e così due nuovi omicidi si
uniscono ad uno incrostato nel passato riaprendo un
caso archiviato. Tutti gli omicidi hanno a che fare con il nostro sfortunato.
Tutte donne. Ognuno di noi ha dei segreti, degli scheletri nell’armadio che è
meglio calare sul piatto che conservare come assi nella manica per l’ultima
mano. Alla fine risulta illuminante, chiara ed
abbagliante la citazione in prima pagina: “Di tutte le cose sicure, la più
certa è il dubbio”. Paradosso, certo ma Bertolt Brecht difficilmente
si sbagliava.
Voto
7