Apparentemente condannato ad una tranquilla vita borghese lontana dai mondi mentali della letteratura, Italo Svevo conosce la fama a seguito di una positivissima recensione scritta da Eugenio Montale nel 1925 a La coscienza di Zeno, in realtà terzo capitolo di una ideale trilogia comprendente i due romanzi Una Vita ( del 1892 ) e Senilità ( del 1898 ), passati pressoché inosservati.
Il Dottor S. , psicanalista di professione, chiede al suo paziente Zeno Cosini di scrivere la storia della sua vita, di rievocare i momenti più significativi della sua esistenza, tutti costellati da tentativi andati a vuoto di smettere di fumare. Ecco allora che dalle pagine del diario di Zeno apprendiamo della triste morte di suo padre, del matrimonio con una delle sorelle Malfenti, nello specifico quella che meno gli piaceva, del suicidio del suo amico Guido e della sua relazione con una povera fanciulla della quale presto si stancherà.
Leit motif dell' intera narrazione risulta essere l'abulica condizione esistenziale di un uomo che assiste alla vita che gli scivola davanti come su di uno schermo nero, senza prenderne mai veramente parte.
Zeno Cosini è il simbolo dell'insoddisfazione dell'uomo moderno, della rassegnazione e del fallimento individuale e per tanto attrae e infastidisce il suo lettore, paradossalmente schiavo di quel patto narrativo che pone la storia sempre in bilico tra vero e falso.
Voto
9