Sembrava impossibile ormai raccontare una storia estrema eppure credibile , in cui i personaggi fossero dotati della virtù romanzesca per eccellenza, ovvero quella di vestire, sopra la pellaccia dell'individuo, i panni dell'universale.
Giampaolo Simi sembra esserci riuscito, forse aiutato, in questo, da una coscienziosità di 'scrittore di genere' che gli ha permesso di ritagliarsi, all'interno di una bella storia noir, la libertà di immaginare concretamente i profili dei suoi tre personaggi.
Tre, appunto: un imprenditore turistico di un certo successo, abile accordatore di vini e condìti (per quanto certo indoviniamo in lui anche il propinatore di Galestro degli anni ottanta), una bella ex cubista (nel senso corrente del tum cià tum cià , ovviamente, e non in quello di Braque ) che è diventata la sua amante, e, infine, l'indimenticabile Arbeit, al secolo Palmiro, un ragazzo che ha fatto della disoccupazione una scelta volontaria e lucida.
Una sorta di elemento destabilizzante, questo Arbeit, carnevalesco-bachtiniano quasi, che ha il candido potere di restituire alla realtà in cui si muove il caos che si cela sotto la sottile crosta dei compromessi e delle abitudini.
E vorrei tanto farvi qualche esempio, non fosse per il patto implicito di omertà che i recensori di gialli o di noir sottoscrivono, assieme agli autori, con il pubblico (che tutto può perdonare, ma non certo lo zelo delle spie di questura).
Ma dell'ambientazione, della scenografia naturale , dell'inverno sulla costa fra Tirrenia e Livorno (quei pini oppressi dal gravame delle nuvole, prima, dopo le libecciate, e, oltre le dune di sabbia, le colonie marine del ventennio abbandonate alla vacanza infinita, e oltre ancora, l'intrìco metallico delle raffinerie) di questo, credo, si possa accennare.
Perché è da questo sfondo appunto che si rilevano le figure umanissime di Simi, per poi andarsene alla fine del libro portandosi dietro la verità del luogo che li aveva generati.
Se posso dare un consiglio, infine, allora mi raccomando di leggerlo questo libro, e di andare poi a Calambrone (all'estrema periferia di Livorno ), una domenica di ottobre: non è una di quelle amene località in cui i rotocalchi televisivi ci raccomandano di assaggiare la tipica focaccetta col tipico formaggio dal nome impronunziabile pieno di vocali bastarde, ma è sicuramente un' esperienza dello spirito.
Giampaolo Simi, Direttissimi altrove, Milano, Derive Approdi, 1999
Voto
8