Chester Himes è
nero e anche scrittore e quello che lascia ai posteri sono libri infuocati di
rabbia e di una forte consapevolezza umana: dignità e pari diritti per chi è
diverso a causa del suo colore di pelle.
La sua cultura è legata al ghetto nero più famoso, Harlem, e affonda
le radici nella letturatura nera, che ha come esponente di spicco del periodo, James Baldwin.
Nato nel Missouri, precisamente a Jefferson City nel 1909, appena dicianovenne viene condannato a vent’anni di galera per rapina, seguito
da una sfilza di misure persecutorie, come l’espulsione dalla Ohio State
University per motivi inerenti al clima di tensione razziale degli anni
cinquanta. Trasferitosi in Francia, inizia la sua attività di scrittore,
inebriato da questo clima tollerante e aperto che si respirava in Europa. La
lettura di Corri, uomo corri! È la rappresentanza di una lotta di razze che diventa selvaggia, inaffiato dal suono aspro del jazz di
quegli anni, in una rigida New York City
di fine anno, durante una notte gelida e folle, un poliziotto della Buon costume, Matt Walker, uccide accidentalmente un inserviente nero in una tavola calda. Nulla
è quello che sembra e i personaggi si trasformano di continuo, con il loro
puzzo dolente che si portano appresso, in una babele metropolitana dove nessuno
è innocente. Il taglio descrittivo di Himes non indugia
nel descrivere
come spietata una città crogiolo di razze immerse in un bacino d’odio, dove gli
esseri umani si tramutano in bestie sempre inclini alla vendetta o al piacere
dei sensi. Ottimamente ritmate le scene con una tempistica secca, inframezzata da
dialoghi spicci, che la fanno assomigliare ad una
soggetto cinematografico, dalla forma visiva accentuata nel saper dare
spontaneità alle azioni in poche righe. Una lettura coinvolgente che porta il
lettore a contatto con i personaggi e si inabissa in
questo mondo stretto tra la passione e il sangue.
Voto
8