Cosa
succede quando uno scienziato, sul punto di redigere un articolo scientifico da
pubblicare sulle più importanti riviste del settore, dà improvvisamente sfogo
ai suoi pensieri, sia quelli più banali sia quelli reconditi, liberando una
sorta di flusso di coscienza che si avviluppa in forme disparate.
Il
film delle emozioni di Raffaele Calabretta è un libro
inconsueto, scritto con l’ardore febbrile di chi vorrebbe far emergere come un
magma il mondo racchiuso dentro di sé, ma non conosce una forma assoluta in cui
cristallizzare il suo scritto. Sulla pagina si alternano dunque brani
diaristici, pagine di sceneggiatura, articoli scientifici, e-mail trascritte
pedissequamente. Quello pubblicato da Gaffi
è un libro camaleontico, dunque, che esibisce con ironia e crudele sincerità la
sua ricca contaminazione.
Il
protagonista, l’io narrante è Gabriele (ma non si fa certo fatica a
riconoscervi l’autore stesso), ricercatore al CNR che cerca di scrivere un
articolo sulle emozioni per proporre agli altri il metodo per gestirle
saggiamente, ma è indeciso, combattuto, tale è la sua voglia di emergere, di
affermare il proprio ego. Scrivere un articolo scientifico? Forse no.
Cimentarsi in un romanzo? Certo! Stendere una sceneggiatura? Eureka! Tante le
strade che Gabriele tenta di percorrere, sempre in bilico tra l’ansia di
imporsi un limite e la voglia irresistibile di varcarlo.
Perché non
posso decidere di essere felice? Alcuni
dicono che bisogna farsi entusiasmare dalle cose e per questo, invece di
scrivere l’articolo scientifico che mi hanno invitato a pubblicare a proposito
delle mie ricerche sull’evoluzione del cervello, sto provando la cosiddetta
tecnica del diario: devo scrivere delle questioni che più mi rendono triste o
mi fanno arrabbiare nella vita, lo devo fare per almeno 10 minuti senza
fermarmi e senza preoccuparmi della grammatica e dell’ortografia. Forse questa
tecnica mi aiuta finalmente a capire che tipo di lavoro mi piacerebbe fare!
Questo di Calabretta è un
libro sulle emozioni, sul loro valore e le loro contraddizioni, ma è
soprattutto un libro sul piacere di essere sé stessi, magari ridendoci sopra,
scomponendo la propria immagine in mille sfaccettature, e alla fine non
ritrovandola più.
Nella
storia della Letteratura sono tanti gli esempi di personaggi del settore
scientifico che hanno scoperto una sorprendente vocazione letteraria: si
potrebbero citare Primo Levi
oppure Carlo
Emilio Gadda, un ingegnere capace di costruire una babele linguistica
magmatica e dissacrante. Certo, non si vuole accostare Calabretta a
queste due figure, però si avverte nella sua scrittura l’urgenza positiva di un
talento che vorrebbe manifestarsi.
Voto
7 ½