Soul Kitchen
Regia di Fatih Akin
Cast: Adam Bousdoukos, Moritz Bleibtreu, Birol Ünel, Wotan Wilke Möhring, Jan Fedder, Peter Lohmeyer, Dorka Gryllus, Lukas Gregorowicz, Catrin Striebeck; commedia; Germania; 2009; C.
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L’ultima fatica del giovane
regista Fatih Akin, già premiato con l’Orso d’Argento a Berlino 2004 per La sposa turca, è l’ennesimo film di
marca culinaria, nell’intrigante scia di leccornie filmiche quali Ricette d’amore,
Chocolat o Ratatouille,
tanto per citare le più recenti. La storia al centro di Soul Kitchen assortisce in modo calibratissimo un cast di
personaggi assolutamente psichedelici, un nugolo di ottime trovate narrative,
un’ambientazione squallidamente metropolitana ed una bella colonna sonora di
marca ovviamente black, che alterna soul e funk. Ad Amburgo il giovane Zinos, di origine greca, si dà molto da
fare per tenere in piedi il suo locale, il Soul Kitchen, la cucina dell’anima,
uno scalcinato ristorante che ha mutuato il titolo dell’omonima canzone dei
Doors – lo stesso Zinos, capelluto e grunge, sembra una versione leggermente
sovrappeso del mitico Jim
Morrison –. Il nome non deve trarre in inganno, perché i quaranta piatti
del menu proposto da Zinos ai suoi clienti hanno tutti più o meno lo stesso
sapore di surgelati fritti, ma il disincantato protagonista – un irresistibile
Adam Bousdoukos, peraltro co-sceneggiatore con l’amico regista – cerca sostanzialmente
di sopravvivere senza mirare troppo in alto, ma tutto prende ad andare
letteralmente a rotoli: la sua bella fidanzata Nadine se ne vola a Shangai per
inseguire un’importante opportunità di lavoro, suo fratello Ilias, ex detenuto,
lo costringe ad assumerlo per godere del regime di semilibertà (ma non ha
nessuna intenzione di lavorare), la sua schiena va in cortocircuito e gli
impedisce di lavorare, ma il nuovo chef assunto – eccentrico, tostissimo ma un
po’… estremo – viene boiccotato dalla clientela, che preferisce la solita
rassicurante cotoletta fritta all’haute cuisine. Se non vi sembra abbastanza,
un vecchio amico di Zinos, Neumann, agente immobiliare senza scrupoli, ha messo
gli occhi sul Soul Kitchen e,
per costringere il protagonista a vendere, gli ha scatenato contro il fisco e
l’ufficio d’igiene. Tutto sembra volgere al meglio quando un gruppo di nuovi
clienti si lascia conquistare dalla filosofia culinaria del nuovo chef ed il
ristorante viene messo a norma, ma Zinos non riesce a superare la mancanza
della fidanzata e decide di raggiungerla a Shangai, lasciando il locale
all’inaffidabile fratello, una scelta doppiamente catastrofica perché Ilias
perde il ristorante al gioco e Nadine ha iniziato a tradirlo. Nel punto più
basso della sua esistenza Zinos potrebbe forse ancora riprendersi il Soul
Kitchen proprio con un piccolo indispensabile aiuto da parte dei due che
l’hanno rovinato... Il tutto raccontato in una sequenza quasi chapliniana di
disastri ed attraverso una galleria umana chiassosa e variopinta, che ricorda
non poco il cinema di Kusturica. Soul Kitchen è una commedia
originale e divertente, a tratti esilarante, caratterizzata da un ritmo
strepitoso e capace di muoversi dall’inizio fino ai funkadelici titoli di coda
restando in equilibrio sul filo sottile che separa il comico da grottesco, per
chiudersi in modo circolare nella sequenza più delicata di tutta la pellicola.
Un film alternativo, effervescente, contagioso: non c’è da sorprendersi che a
Venezia 2009, dove ha ricevuto il Premio Speciale della Giuria, abbia
costituito la grande sorpresa della manifestazione. Imperdibile.
Soul Kitchen, regia di Fatih Akin, con Adam Bousdoukos, Moritz Bleibtreu, Birol Ünel, Wotan Wilke Möhring, Jan Fedder, Peter Lohmeyer, Dorka Gryllus, Lukas Gregorowicz, Catrin Striebeck; commedia; Germania; 2009; C.; dur. 1h e 39’
Voto
8
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