Wonderland
Cose di questo mondo
Codice 46
The Killer Inside Me

Central City, Texas, anni Cinquanta: è in questa cornice che si muove il giovane sceriffo Lou Ford, che sembra molto educato come tutti i gentiluomini della sua cittadina dovrebbero essere. Lou non lesina mai un favore a chi glielo chiede, è molto rispettato nella sua comunità, è paziente e dotato di buon senso. Un giorno il suo vecchio capo, Bob Maples, gli chiede di fare una chiacchierata con una giovane prostituta che esercita nella periferia della cittadina, Joyce Lakeland. Lou va da lei e viene aggredito dalla ragazza, e qualcosa scatta in lui, tanto che la immobilizza e la possiede brutalmente. Nei giorni successivi i due diventano intimi e sembrano perfino innamorarsi l’uno dell’altra, così Joyce propone al giovane sceriffo di ricattare Elmer, il rampollo di Chester Conway, l'unico magnate locale, il vero padrone di Central City. Lou decide di stare al gioco ma in realtà ha un piano sanguinario da attuare indipendentemente dalle vittime collaterali. Già, perché il protagonista ha qualcosa che non va, forse fin dall'infanzia, lui stesso non riesce a mettere bene a fuoco il problema: probabilmente è uno psicopatico, un sadico e perfino un assassino, come rischieranno di scoprire i suoi colleghi e la sua stessa fidanzata, Amy. La trama più o meno è questa e prevede perfino una sorpresa conclusiva piuttosto scontata: ne vien fuori una storia a tinte pulp, come pulp è la fonte letteraria, un romanzo di Jim Thompson del 1952, L'assassinio che è in me. Il problema è che, nonostante la confezione risulti impeccabile (notevole soprattutto la fotografia d'annata), tutto risulta molto gratuito e fine a se stesso, non riesce a sollevarsi sul fronte psicologico (come in Non è un paese per vecchi, tanto per fare un esempio) né riesce a risultare irresistibile ed intrigante (come in Pulp Fiction, tanto per farne un altro). Peraltro la carica di violenza che traspare da The Killer Inside Me appare difficilmente sopportabile, tanto che se ne sconsiglia fortemente la visione ai deboli di stomaco. Insomma, dopo tante pellicole impegnate Michael Winterbottom ha provato la strada del noir di marca pulp, ma nel perfetto involucro che è riuscito ad elaborare non sembra avervi inserito un'adeguata sostanza… Peccato, perché le potenzialità c’erano.

Voto 6/7