Ancora una volta il Museo
Laboratorio Di Arte Contemporanea di Roma, all’interno della struttura
dell’Università Sapienza, si anima di fermento culturale.
Per riunire assieme un manipolo di interessanti artisti
contemporanei, i curatori hanno pensato di intitolare l’esposizione Focus, stati e gradi di
percezione, architettando una complicata spiegazione densa di citazioni
(vengono tirati in ballo le teorie della percezione di Aldous Huxley e Semir Zeki),
per giustificare un accostamento di personalità diversissime tra di loro senza
alcun punto di contatto, se non il loro agire artistico nella modernità.
“L’intento di Focus è quello di suggerire una gamma non
prescritta di funzioni ottiche multimediali, ponendo lo spettatore a stretto
contatto con la sua idea di assorbimento e ricezione e tentando di avviare
considerazioni riguardanti l’equivocità del guardare” recita il comunicato
stampa.
Ma il problema della percezione non è stato sempre
imprescindibile dall’arte di tutti i tempi?
“La mostra Focus si interroga, attraverso gli artisti
coinvolti, sull’univocità o meno del guardare un mondo fatto di immagini”.
Sembra un po’ vaga come definizione, ma su questi presupposti si basa anche il
premio “A Berlino!” correlato alla mostra che promette, in caso di vincita, un
biglietto andata e ritorno per la capitale tedesca.
Ecco allora dimostrato chiaramente il vero perché, non si sa
per quale motivo mascherato da concettuose quanto pretestuose motivazioni, di
questa mostra; non si tratta di nient’altro che di un’asse Roma-Berlino,
stavolta con scopi puramente artistici, ovvero fornire un confronto
Italia-Germania
Importante tassello del ciclo espositivo del MLAC a cura di
Simonetta Lux, Domenico Scudero, è patrocinato dalla Regione Lazio e
dall’Ambasciata della Repubblica Federale di Germania Roma, in collaborazione
con la Galleria artMbassy di Berlino, tra gli altri enti coinvolti.
Ma veniamo al dunque; quali sono questi artisti che si sono
sobbarcati con le loro opere l’onere di una tale alleanza?
Uno di questi è Bauer,
che riproducendo fedelmente, mediante la pittura, articoli di giornali,
enfatizza dettagli di cronaca altrimenti trascurati, giocando anche sul
rapporto parola scritta-immagine. Non è il primo a compiere una tale
operazione; nel contemporaneo abbiamo anche l’inglese Hugh Mendes.
Accomunati dalla scelta del mezzo fotografico sono Giugni
e Gasser, l’uno
prediligendo soggetti fuoricampo, l’altro presentando campi di luce in un gioco
interno-esterno, ma è il video che la fa da padrone; con intenti esplicativi,
come nel caso di Tiziano
Lucci, la quale tecnica espressiva viene così spiegata, oppure con una
valenza artistica fine a sé stessa, come nel caso del video ad inquadratura
fissa che presenta l’alternarsi in maniera rallentata di bagnanti di passaggio
a Milano Marittima. Un’opera però sulla quale vale la pena di soffermarsi,
quella che forse vale il biglietto per l’intera mostra, è un magnetico video di
Benedetta Panisson.
Nella sua semplicità (si vedono due sagome in rosso che si
inchinano reciprocamente e poi svaniscono per rimaterializzarsi) evoca in
maniera misteriosa tutta una serie di contenuti di altissimo livello, il
rispetto, la divinità, il burqua, l’eterno ritorno, ma soprattutto colpisce a
livello emotivo.
Sicuramente molto ispirato ma non necessariamente efficace,
è il lavoro di Yosuke
Taki, intitolato “Dreams of dead insects”. Sullo spunto iniziale
dell’artista, una trasposizione su video dell’”Estate Zero” cantata da Eliot
nei suoi “Quattro Quartetti”, si innestano i racconti della vocalist Laura
Biagi con cui Taki lavora, la quale le racconta dei funerali che da bambina
celebrava agli insetti.
L’idea di per sé molto poetica si risolve in un video sui
toni del viola probabilmente troppo prolisso, e una serie di pannelli con dei
fotogrammi presi dal lavoro. L’autrice specifica però che si tratta di un work
in progress.
In definitiva, che vi beviate o meno la storia della
“stagione dell’homo videns guidato dall’immagine” questa mostra si inserisce
come uno spaccato d’arte contemporanea europea sul quale sarebbe un peccato
glissare.
Voto
8