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Introduzione all'arte contemporanea
Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci - Prato
Gruppo di Quinto Alto
Soci Ordinari del Museo Pecci - 29 e 30 marzo 2003

 




                     di Ilaria Monici


Introduzione all'arte contemporanea: 30 marzo 2003
Bioarte


Sabato 29 e domenica 30 marzo 2003 al Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci i soci ordinari del Museo Pecci e il Gruppo di Quinto Alto si ritrovano per parlare di arte contemporanea a 360 gradi.
Cominceranno Francesco Michi e Luca Miti parlando di un progetto nato nel 1997: Giocattoli per tecnologie familiari una ricerca sull'utilizzo della tecnologia "sonora" a basso livello, il più basso possibile.
Ogni macchina ha una sua potenzialità poetica, che sicuramente non si manifesta nelle sue "abilità" più sofisticate, laddove il suo pregio maggiore è di essere schiava del suo utente, capace di dargli i risultati che lui vuole con il massimo della precisione.
Le sue capacità poetiche stanno in ciò che meno sa fare, nei suoi errori, o in ciò che scaturisce da un suo "sottouso" o cattivo uso: i suoi limiti inferiori sono ciò che nella macchina rappresenta il colpo di genio, l'intuizione fuori dalla norma.
Valeria Bruni parlerà di: Esotismo ed estetismo nell'arte degli anni 90'.
La scena dell'arte di inizio del XXI secolo è caratterizzata da una situazione di polarizzazione tra Oriente ed Occidente (che può rievocare analoghe situazioni della fine dell'Ottocento). Da un lato gli artisti occidentali offrono una lettura della componente concettuale che ha caratterizzato l'arte novecentesca in termini estetizzanti da "decadenza dell'impero".
Dall'altro, si affacciano da protagonisti artisti provenienti da paesi non occidentali, che ripropongono con forza la priorità della componente antropologica del fare arte.
Tommaso Tozzi introdurrà invece: Hacker art, hacktivism, ed etica hacker
Alla base dell'hacktivism c'è una tradizione di pensiero e di pratiche millenarie.
Nel dopoguerra però queste tradizioni hanno contaminare la cultura ed i saperi secondo una linea di discontinuità che ha causato rivoluzioni e trasformazioni nei più svariati ambiti disciplinari: scientifici, accademici, politici,
artistici, economici, mediatici, etc. Pur perseguendo strategie e modalità molto differenti tra loro, alcuni di questi ambiti disciplinari hanno condiviso spesso in modo inconsapevole valori ed obiettivi: il rifiuto dei modelli di legittimazione del potere elaborati dall'industria culturale e dai media; un forte antiautoritarismo ed il rifiuto dei modelli istituzionali; Il tentativo di restituire voce ai senza voce; il rifiuto di delegare ad altri la propria creatività; la ricerca di modelli di "opera aperta" e di forme di cooperazione; la volontà di realizzare pratiche di impegno sociale.
Alla critica dei modelli culturali di legittimazione del potere (Foucault e la teoria del controllo sociale) corrisponde una guerra dei segni di cui le strategie del falso sono uno dei suoi aspetti. In particolare la guerra semiotica ha avuto un risvolto più recente in rete con le varie operazioni di defacement, fake , digital hijacking , cybersquatting
L'obiettivo infine di dare voce ai senza voce, di restituire a chiunque libertà creativa ed autonomia di espressione è stato un assunto che ha attraversato moltissime esperienze dell'attivismo in rete: dalle prime comunità virtuali alle reti di BBS, al cyberpunk, alle esperienze dei netstrike fino alle esperienze dei cosiddetti media indipendenti.
Gianni Broi parlerà di: Per un'arte minore dalla Neoavanguardia al Cyberspazio
Il titolo dell'intervento, con l'espressione "arte minore", rinvia a quello di un noto saggio deleuziano, e sta ad indicare una specie di gioco a rimpiattino sui margini, una fuga non dall'arte ma nell'arte, tesa, nel darsi forma, a individuare e mappare una rete di possibii percorsi e concatenamenti, il cui significato e valore esula dal puro campo artistico.
Michele Ignelzi:La musica oggi esecuzione o riproduzione?
Data la rieseguibilità propria comunque dellla musica, poteva sembrare che il rivolgimento epocale avvertito da Walter Benjamin per le arti figurative con l'avvento della loro riproducibilità tecnica non dovesse investire non più di tanto la ricezione musicale. Non era tuttavia così: una buona parte del pubblico non giudica infatti più l'interpretazione di un tale brano da parte del direttore d'orchestra X per la sua rispondenza al brano in sé, quale è custodito nella partitura, ma per la somiglianza più o meno forte con qualche incisione discografica, ritenuta una sorta di pietra di paragone per le altre interpretazioni. Non si giudica con il riferimento al pezzo di musica, si confrontano esecuzioni fra loro e soltanto fra loro. Ciò è possibile soltanto grazie alla grande diffusione dei mezzi di riproduzione.
Questa tendenza si ritrova forse con caratteristiche ancora più spiccate nella produzione della musica cosiddetta leggera, da discoteca, ecc. ecc., in cui è quasi impossibile parlare di esecuzione. Tale musica è soltanto riprodotta da un unico modello, inciso una volta per tutte, una sorta di idea platonica realizzata.
D'altro canto gran parte della cosiddetta musica contemporanea di ambito accademico subisce un andamento uguale e contrario: nessuna esecuzione riesce ad adeguarsi alla partitura, e l'aspetto sensibile di tale musica è talvolta solo un'immagine sfigurata di un'idea che non ha la forza sufficiente per darsi una veste udibile.
Giuseppe Lo Russo : La cucina come arte di falsificazione.
A ben considerare l'operazione originaria, fondamentale della cucina è snaturare il cibo, spogliarlo della sua naturalità. Il processo creativo del cuoco appare simile a quello di un artista. Del resto, avendo perso da tempo la sua aura e non mostrando più ambizione alla durata, anche l'arte, come il cibo, gioca sull'effimero e per tanto oggi non è irriverente leggere l'attività del cuoco come un percorso creativo ed interpretare le sue preparazioni come prodotti di un'attività artistica.
La falsificazione sembra offrire l'idea di una condizione intrinseca all'operare sia del cuoco sia dell'artista. Il cuoco nascondendo rivela e rilevando nasconde, la regola è che seppure tutto è falso - e molto si è lavorato per realizzarlo - tutto è percepito come vero. Ciò che si vuole è che il destinatario del piatto (dell'inganno) rimanga ammirato dalla perfezione con cui è stato realizzato il falso. Con l'artificio dell'arte si produce, illusione, ma si stimola anche illusione. Il risultato è infine un falso che realizza un vero più vero del reale. In conclusione, il cuoco fa "carte false" per realizzare il vero, per affidare all'arte un suo progetto infallibile che demistificherà ogni opera falsa (mistificata) che ha ricevuto in eredità dal passato. Ma, a sua volta, questa demistificazione sarà guardata da coloro che verrano dopo di lui come un'altra mistificazione, alla quale opporranno una nuova demistificazione e così…ad infinitum.
Non è sempre stato in questa alternanza che l'arte si è assicurata la sua continuità nel tempo?

Voto 8 

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