I Verdena sono la band
che venne additata come one-hit-single all’epoca di “Valvonauta”, correva
l’anno 1999.
Il disco vendette così tanto che l’album successivo, “Come
un grande sasso”, fu prodotto da Manuel Agnelli degli Afterhours al celebre studio di Mauro Pagani (il Next) con gran dispiego
di mezzi.
Dalla collaborazione nacquero pezzi più avvolgenti e meno
diretti rispetto al debutto, brani in cui sia i testi che la forma canzone
erano definitivamente mutati, tanto ispessiti da risultare un po’ troppo ostici
per il grande pubblico. Lo stesso pubblico che solo un paio d’anni prima li
aveva idolatrati e accompagnati con le decine di migliaia di dischi venduti
sotto le luci della ribalta, ora, ne prendeva le distanze.
L’ex terzetto(allargato a quartetto, grazie all’entrata in
pianta stabile di Fidel alle tastiere) torna quest’anno con il “Suicidio del Samurai”.Disco e tour.
I nostri si dimostrano
perfettamente a proprio agio in entrambe le situazioni.
Convertono il pollaio/sala prove in studio di registrazione,
l’Henhouse Studio, e shakerano nelle undici tracce la cura per i dettagli del
penultimo lavoro e l’irruenza punk-grunge del primo, tutto in un'unica
soluzione.
Le perle che rivelano maggiormente il saliscendi umorale che
contraddistingue l’opera sono: il singolo apripista “Luna” che si muove
abilmente tra i Placebo ed i
Marlene Kuntz, la fluttuante “Mina”,
la dinamitarda “Elefante” e il secondo singolo e video estratto, con regia del mitico
Alex Infascelli, “Phantastica”.
Dal vivo una certa liquidità nei suoni si stempera in favore
dell’impatto.
Il basso pulsante di Roberta, il drumming seventies di Luca
e la postura sghemba di Alberto (che si attorciglia sempre più su se stesso
lungo tutto lo scorrere delle note e della serata) non solo confermano lo stato
di grazia che la formazione bergamasca sta attraversando, ma mettono a tacere
anche gli onnipresenti detrattori sulla genuinità o meno della proposta
musicale.
La scaletta è ricca e variegata, andando a pescare da tutti
e tre i lavori, “Spaceman” (proprio dal già citato e non fortunatissimo “Come
un grande sasso”) acquista dal vivo una potenza e una coralità trascinante ed
inaspettata.
Insomma, i Verdena si dimostrano più che degni “dell’onorificenza”
concessa loro da RollingStone magazine, che a Febbraio di quest’anno li aveva
fregiati di “Cd del mese”.
Voto
7