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Stazioni Lunari
Villa Medicea Poggio a Caiano
24 giugno 2005
Di Francesco Magnelli, Ginevra Di Marco, e con Piero Pelù, Peppe Servillo, Daniele Sepe, Max Gazzè.

 




                     di Tommaso Chimenti


La Villa Medicea di Poggio a Caiano è la scenografia di portici ed arcate.
Dietro, come albero gigantesco della cuccagna, un immensa quercia illuminata a rosso tramonto sovrasta e protegge il palco.
I padroni di casa sono Francesco Magnelli, ex Litfiba e CSI, e Ginevra Di Marco alla voce, toscana, compagna del pianista ed in attesa, visibile, del loro secondo figlio, ideatori della reunion che annualmente cambia i suoi protagonisti.
Al loro fianco quest’anno un incredibile Daniele Sepe al sax, Peppe Servillo, il cantante degli Avion Travel , entrambi partenopei, il romano Max Gazzè, qui al basso, e l’idolo delle giovani folle: Piero Pelù.
La splendida voce di Ginevra taglia l’aria umida di Poggio a Caiano tra le musiche balcaniche ed il cembalo che arrovella e si arroventa in mano.
Servillo, con il suo modo molto teatrale di interpretare, tra Massimo Ranieri e Mario Merola, canta prima “una canzone da giacchetta” “Una storia d’amore” di Celentano con la passione e la gestualità propria di De Filippo.
Nelle ombre sembra di scorgere una figura a metà tra Pantani e Nosferatu, ma dalla comunicatività e dalla potenza ineguagliabile.
Si muove come un Pulcinella torero in “Abbassando”, “Il classico tango argentino del cornuto”, per poi cimentarsi in “Amandoti”, già ripresa da Gianna Nannini nel suo “Perle”, ma di proprietà di Giovanni Lindo Ferretti
Max Gazzè attacca con “Message in a bottle” dei Police, per continuare con “Raduni ovali”, “Oh Caroline”, l’omaggio al poeta americano Robert Wyatt dopo otto anni dal concerto, e “Vento d’estate”, una delle canzoni d’esordio cantata con Niccolò Fabi.
Pelù si scortica sullo sgabello e sembra una fiera in gabbia, non sta più nella pelle, vuole cantare davanti al suo pubblico. Voce da anni ’80 quando uscivano “Desaparecido”, il doppio “17 Re” e “Litfiba 3” e non quella melensa delle ultime annate pop-melodiche.
“Univers” dà il la alla nostalgia, poi “Lacio Drom” con il pubblico che schiocca le dita a mò di Famiglia Addams, ed infine un trittico da stropicciarsi gli occhi. In sequenza “Scivola vai via”, omaggio a Vinicio Capossela, con la voce strusciante da ubriacone buscaglionata, “Louisiana”, e “Resta” da ululati.
Unico appunto ad un vero e proprio evento: potevano miscelare le canzoni e gli interventi invece che far esibire in maniera continuativa un artista per poi lasciarlo in disparte per il resto del concerto; Peppe Servillo, il primo dopo il suo show è stato scordato nell’ombra, Pelù ha morso il freno per la prima ora e mezzo.

Voto 8 

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