Lui è Fabrizio Tarducci da Senigallia, classe 1976, in arte Fabri Fibra, ovvero il rapper più ‘cattivo’ in circolazione, una mitragliatrice umana capace di sparare a
ripetizione raffiche verbali finemente corrosive e prive di riguardi di sorta.
Per dirla in una parola, Fibra non le manda a dire dietro, ma dice in faccia al gentil pubblico quello che pensa, e di solito in modo non troppo cortese ma piuttosto ironico. Dentro Controcultura l’autore ha assemblato complessivamente diciotto brani che spaziano attraverso una spaventosa quantità di concetti, peraltro spesso molto critici verso i bersagli di riferimento. Si comincia con i toni
realistici e ombrosi dell’apripista 6791 per poi passare all’amara spregiudicatezza
di Escort, talvolta esplicita in modalità quasi
surreali. Il disco procede senza pause di sorta con la cruda #, per poi smorzare leggermente i toni, meno cupi ma ugualmente corrosivi, in Double trouble e proporre quindi la notevole + o -, uno degli episodi migliori dell’album. Si continua con Spara al diavolo, cupa e ritmata, e si arriva al cuore del disco: prima la tesissima tracklist, quindi l’autoreferenziale Vip in trip, ispirata, intrigante e affilata come una lama. A ruota arrivano anche gli immancabili duetti: prima Qualcuno normale (con Marracash), centrata sulla facilità tutta contemporanea
di sfondare senza alcun talento, poi Insensibile (con Dargen D'Amico), molto (forse troppo) esplicita. E dopo ecco anche il rap futuristico di Tranne te, vagamente commerciale, apparentemente facile, ma davvero irresistibile. La coda di Controcultura offre ancora divertenti sprazzi citazionistici
come Tre parole, la commerciale ma contagiosa Le donne, oltre a tre collaborazioni de luxe come Troppo famoso (con gli Entics), In alto (con Simona Barbieri) e la conclusiva La fretta (con Dj Double S). Un disco trascinante quanto
arrabbiato: cattura fin dal primo ascolto ma si apprezza al meglio nei passaggi successivi.
Fabri Fibra, Controcultura [Universal 2010]
Voto
7 +