Parte in sordina e termina in un crescendo di emozioni e dilanianti verità Pupa, in scena dal 2 al 21 marzo al Teatro Quirino di Roma e dal 13 al 18 aprile 2004 al Teatro della Pergola
.Chi è Pupa? Una povera, soltanto una stracciona, una prostituta che invidia le signore dell'alta società rivestite per l'occasione nelle prime file del Teatro, una mondana, una donna di strada, sboccata, volgare e confusa. Pupa è la vittima, l'anello di congiunzione tra il marito Michele, bassa manovalanza della mafia, sicario per fame ucciso dai Carabinieri, e l'altro Michele, il figlio ventenne, ucciso dalla mafia perché contro di essa faceva proseliti e comizi nelle piccole città, nei sobborghi e nelle campagne dove l'ignoranza, l'analfabetismo e la povertà prendono il sopravvento.
Scorrono le immagini della strage di Capaci, senza sangue e senza vittime, soltanto uomini in divisa che camminano, frugano, cercano, passeggiano in mezzo alle macerie della società siciliana ed italiana, sassi e calcinacci, un'autostrada completamente divelta, crateri apertisi, guerra civile. In sottofondo la musica dal vivo, armonica a bocca malinconica, lievi percussioni nostalgiche e il piano struggente, sottolineano le atmosfere.
E' già strano vedere uno schermo gigante nel santuario del teatro fiorentino, dove tutto è ordine e certezza ferma, senza scompiglio, né agitazione che non sia calcolata e soppesata. Auto distrutte e moviole, passi lenti tra la polvere, l'odore di morte che invade il teatro ovattato, incorniciata dalla musica straziante, quasi pianto lamentoso di donne in nero, scialli ed occhiaie.
Sulla scena Pupa- Ida di Benedetto e, dentro una mezzaluna rosso fuoco- sangue- vita- passione, i tre musicisti, quasi in grotta, distanti, lontani dalle brutture della quotidianità. La prima parte sul ruolo della prostituta viene pian piano soppressa dalle atmosfere cupe e tristemente veritiere della convivenza con il cancro della mafia, ed il coraggio non basta più per lottare contro i mulini a vento, contro le istituzioni, contro l'omertà ed i vicini di casa, contro le proprie convinzioni, contro la propria cultura impastata ed impregnata di paura, minacce, terrore e morte.
La figura del figlio Michele, che mai vediamo ma che immaginiamo dalle parole accorate della madre distrutta dal dolore, sembra qui rivedere la Madonna che piange il suo Cristo senza però la concessione della Pietà, assomiglia alle recenti figure anti mala del grande schermo, Peppino Impastato de "I Cento Passi" su tutti, o direttamente l'autore, Giuseppe Fava, giornalista, scrittore e sceneggiatore, che ha dato la vita per cercare una strada utile e percorribile per salvare la propria terra, la propria gente e che ha pagato a caro prezzo tutto questo con la morte il 5 gennaio 1984.
In bianco e nero scorre in video l'ultima intervista a Fava, mentre il bunker dei musicisti si colora di azzurro- futuro- speranza, e le sue parole stampate a chiare lettere risuonano come pugni nello stomaco: "Quanto vale la vita di un uomo in questo paese?", "A che serve vivere se non si ha il coraggio di lottare?", fino alla echeggiante e reiterata "Stare con la mafia o lottare contro la mafia". Sarà servito il suo sacrificio?
Voto
7